La fuga in avanti di Lamborghini sulla settimana corta accende la polemica in casa Audi-Volkswagen. E se il dibattito su pro e contro della misura - che ha negli auspici il migliore adattamento dei tempi di vita e lavoro - si sta diffondendo sempre di più su scala non solo nazionale, fa specie che due società dello stesso gruppo, Ducati e Lamborghini, si schierino su due sponde completamente opposte. Ieri, infatti, a margine di un evento l'amministratore delegato della Ducati, Claudio Domenicali, ha bocciato su tutta la linea la settimana corta introdotta dal nuovo contratto integrativo firmato dalla casa automobilistica di Sant'Agata Bolognese: «Non credo che andremo assolutamente nella stessa direzione della Lamborghini e ritengo, anzi, che sia un percorso sbagliato che genera una riduzione di competitività».
Chi sostiene la riduzione dell'orario di lavoro afferma che la produttività aumenterebbe. Su questo, però, Domenicali è scettico: «Quando i marchi sono boutique che fanno oggetti di straordinario lusso come Lamborghini, forse se lo possono permettere, ma credo che se tutto il territorio produttivo andasse in quella direzione sarebbe un problema per i lavoratori, creando una perdita di competitività e una riduzione dei posti di lavoro». Secondo le stime di Domenicali, operazioni come quella messa a punto da Lamborghini rischiano di far lievitare il costo del lavoro anche del 20% e potrebbero accentuare la desertificazione del sistema produttivo, in particolare nel settore dell'automotive.
Per quanto riguarda Ducati, inoltre, sono in discussione «i dettagli del rinnovo del contratto, che è molto impegnativo», ha spiegato il manager che sugli stipendi dei dipendenti della società ricorda come quest'anno i lavoratori abbiano
avuto «un incremento importante per effetto del contratto chiuso a luglio e ne avranno un altro per l'integrativo». Insomma, un messaggio chiaro ai dipendenti: va bene parlare di aumenti, ma di lavorare meno non se ne parla.
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