Sale il conto per il salvataggio delle casse di risparmio di Cesena, Rimini e San Miniato e lo scenario si complica. Le scadenze potrebbero slittare mettendo a rischio gli accordi raggiunti. L'alternativa? Probabilmente la liquidazione dei tre istituti, ma è uno scenario a cui sia il Tesoro che Bankitalia non vogliono neppure pensare, soprattutto dopo le vicende legate alle due banche Venete di inizio estate.
Cariparma Crédit Agricole ha messo sul piatto 130 milioni di euro per i tre istituti purché liberati dalla montagna di sofferenze, pari a 3,15 miliardi di euro, che grava sulle loro spalle, e ricapitalizzati dal Fondo interbancario di tutela che, dopo aver versato 420 milioni, ne dovrà sborsarne altri 95 per iniettare capitale e acquisire i debiti più rischiosi. Il gruppo guidato per l'Italia da Giampiero Maioli ha poi esteso fino al 15 settembre il termine per la chiusura delle trattative, dopo il nulla di fatto registrato a fine luglio. I francesi tuttavia, nell'ultima offerta presentata, hanno posto il 10 settembre come termine per il raggiungimento degli impegni vincolanti sulla gestione dei crediti incagliati attraverso la cartolarizzazione. Ma i tempi potrebbero non essere sufficienti e le scadenze potrebbero slittare ulteriormente rendendo di fatto problematica la chiusura dell'accordo, come auspicato, entro fine anno. La situazione infatti è più complessa rispetto a quanto finora previsto: mancano fondi. Nel corso delle trattative per la definizione del salvataggio, le tre casse di risparmio avrebbero infatti accumulato ulteriori sofferenze stimate, da fonti di mercato, fino a 300 milioni. Non solo. Per quanto riguarda il pacchetto già noto di crediti incagliati, alla raccolta aperta da Atlante 2 mancherebbero non meno di 250 milioni necessari a coprire il fabbisogno di capitale della tranche più rischiosa della cartolarizzazione.
Si parla di chiudere l'acquisto al 38% del valore nominale del pacchetto delle sofferenze, a 1,263 miliardi, un livello superiore a quanto riconosciuto nelle ultime operazioni ma che d'altro canto servirebbe a stabilizzare i livelli patrimoniali delle banche. Ma, nonostante il fondo pubblico abbia contattato sette banche nel corso dell'estate, tra cui Intesa Sanpaolo, Credit Suisse, Natixis e Banca Imi, l'esito dell'operazione è tutt'altro che raggiunto.CM
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