Destinazione paradiso. Fiscale. Dopo due anni di analisi e negoziati, i governi europei hanno finalmente disegnato la mappa dei Paesi poco (o per nulla) allineati ai criteri di trasparenza fiscale, privi di una tassazione equilibrata e sprovvisti di un'imposta sui redditi aziendali. Tre parametri fondamentali per una black list di 17 nomi di ogni latitudine e longitudine, con inserimenti e assenze abbastanza sorprendenti e con un sostanziale nulla di fatto sulle sanzioni da applicare. Sono invece 47 le nazioni finite nella lista grigia, cioè quelle che hanno assunto l'impegno, da verificare nel corso dei prossimi mesi, di adeguarsi agli standard stabiliti.
Le decisioni prese ieri in seno all'Ecofin sono la diretta conseguenza dei Panama Papers, dei Paradise Papers e della fine del segreto bancario, tre elementi che hanno impresso un'accelerazione alle discussioni. Il risultato, però, è quantomeno discutibile: fuori dall'elenco, per esempio, sono rimaste le 18 giurisdizioni d'oltremare britanniche, dalle Bermuda alle Cayman fino all'isola di Man, che a tutti gli effetti sono classificabili come paradisi fiscali. È assai verosimile che la delicatezza delle trattative sulla Brexit abbia consigliato i ministri finanziari a non affrontare ora il dossier, destinato a essere aperto una volta chiuso il divorzio con Londra. Allo stesso modo, pare criticabile l'inserimento nella lista nera di Paesi come la Corea del Sud, con cui praticamente tutta l'Unione europea intrattiene rapporti commerciali; così come includere gli Emirati Arabi Uniti appare delicato non solo sotto il profilo geo-politico, ma anche dal punto di vista dei rapporti economico-finanziari. Solo in Italia, Abu Dhabi è tra i principali soci di Unicredit e Alitalia. Oltre agli Emirati e alla Corea del Sud, dell'elenco fanno parte Samoa Americane, Bahrain, Barbados, Grenada, Guam, Macao, Isole Marshall, Mongolia, Namibia, Palau, Panama, Santa Lucia, Samoa, Trinidad e Tobago e Tunisia. Marocco e Capo Verde, in un primo momento collocate nella black list, sono poi state cancellate. Tra le giurisdizioni fiscali che rimarranno sotto monitoraggio per la trasparenza o l'equa tassazione ci sono invece Hong Kong, Taiwan, Turchia, Marocco, Serbia, Thailandia, Svizzera.
«È una vittoria chiave per la trasparenza e l'equità», ha detto il commissario per gli Affari economici e Finanziari, Pierre Moscovici. Il quale ha sollecitato i Ventisette a sanzionare le imprese che intrattengono rapporti con i Paesi fuorilegge.
Il problema, tuttavia, è che su questo capitolo l'Ecofin è diviso: l'accordo indica che gli Stati «dovrebbero applicare» almeno una misura amministrativa di controllo nell'area fiscale verso certe transazioni con i Paesi della lista nera. L'uso del condizionale indica che non c'è un vincolo preciso.
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