Sud, mai così male dalla Grande Guerra

Nel rapporto Svimez emerge un quadro allarmante. La crisi occupazionale del Meridione rischia di ridurre la popolazione di quattro milioni in cinquant'anni

Sud, mai così male dalla Grande Guerra

Non sono servite le cattedrali industriali nel deserto, non è servita la Cassa del Mezzogiorno, il Meridione non era pronto ad affrontare la crisi che ha investito il nostro paese negli ultimi anni e ora è la parte del nostro paese che ne paga le maggiori conseguenze. Il rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno per il 2014 restituisce uno scenario desolante.

Una crisi così pesante che si stima un calo degli abitanti di almeno quattro milioni nei prossimi 50 anni. Un dato che per il rapporto nascite morti riporta direttamente ai tempi della Grande Guerra. Le cause vanno trovate negli ultimi quattro anni che hanno bruciato mezzo milione di posti di lavoro con un impennata del 40 per cento delle famiglie povere.

L'industria cola a picco con la metà degli investimenti andati in fumo nell'arco di cinque anni. Gli occupati al momento sono poco meno di 5,8 milioni, il dato più basso registrato dal 1977. La disoccupazione si assesta al 31 per cento con un conseguente calo dei consumi del 13 per cento. La regione più colpita in assoluto è la Calabria con un pil pro capite che è la metà di quello di Valle d'Aosta e Trentino Alto Adige.

Ma cosa fare per scongiurare questa emergenza nazionale? Serve un rilancio degli investimenti coordinato da una politica industriale nazionale specifica per il Meridione. Serve una strategia di sviluppo nazionale centrata sul Mezzogiorno con una "logica di sistema" e un'azione strutturale di medio-lungo periodo fondata su quattro direttrici di sviluppo tra loro strettamente connesse in un piano di "primo intervento": rigenerazione urbana, rilancio delle aree interne, creazione di una rete logistica in un'ottica mediterranea, valorizzazione del patrimonio culturale.

style="line-height: 22.4671058654785px;">Nell'attesa i giovani meridionali continuano a lasciare la loro terra in cerca di un futuro migliore. E la desertificazione umana e sociale rischia di diventare irreversibile.

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