Dopo tanto tempo perso questa è l'unica priorità

L'inflazione torna verso le due cifre dopo aver saltato una generazione. Ma è una cosa diversa da quella degli anni 70-80

Dopo tanto tempo perso questa è l'unica priorità

L'inflazione torna verso le due cifre dopo aver saltato una generazione. Ma è una cosa diversa da quella degli anni 70-80. Come ebbe a spiegarci Mario Draghi ormai un anno fa, il debito non è tutto uguale: c'è quello buono, generato dagli investimenti dello Stato, e quello cattivo, frutto della spesa pubblica. Allo stesso modo questa inflazione improvvisa è anch'essa buona o cattiva. Quella negli Usa è - almeno in parte - virtuosa: i prezzi salgono spinti anche dalla forte domanda di consumi e investimenti. E i tassi d'interesse, che sono l'estintore che la politica monetaria utilizza quando l'economia di surriscalda, servono a contenerli frenando i bollenti spiriti dei consumatori. Posto che l'inflazione non è mai realmente buona, quella europea (e italiana in particolare) è assai più pericolosa. Qui da noi i prezzi si impennano non per domanda di nuovi consumi, bensì perché i costi delle materie prime (l'energia in particolare) si trasferiscono sull'intera filiera produttiva e distributiva, spingendo alle stelle tutto: dalle bollette al gelato, che costa di più perché è aumentato il costo della produzione del latte e perché sono triplicati quelli del trasporto, che richiede energia. E in questa situazione l'estintore della Banca centrale europea rischia di essere distruttivo: un aumento molto forte dei tassi d'interesse avrebbe l'effetto di colpire una dinamica di consumi e investimenti che non è affatto in forte espansione, collocando l'economia nel quadrante maledetto della stagflazione, dove ristagnano sia i prezzi sia l'economia. È lo scenario peggiore. Ecco perché stiamo assistendo anche al decollo del dollaro rispetto all'euro: i capitali in cerca di rendimenti più alti lasciano l'euro per il dollaro. E questo alimenta a sua volta l'inflazione europea e italiana, importata in tutto ciò che noi paghiamo con biglietti verdi, a cominciare dal petrolio. Un effetto non abbastanza compensato dalla maggiore attrazione delle nostre esportazioni in euro: esse scontano l'aumento dei costi di produzione legati all'energia annullando così l'effetto virtuoso del cambio.

In altri termini siamo entrati in un territorio inesplorato che richiederebbe, da parte del governo italiano e delle autorità Ue, lo stesso atteggiamento del presidente Biden: «L'inflazione è la mia priorità», ha detto ieri. Ora tocca a noi.

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