Unicredit pronta a lanciarsi nel risiko

Il ceo Orcel: "Abbiamo 10 miliardi che possono servire per dividendi o per nuove acquisizioni"

Unicredit pronta a lanciarsi nel risiko
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Una potenza di fuoco di oltre 10 miliardi di euro che serviranno per remunerare gli azionisti o fare acquisizioni. Questo «bazooka» di capitale in eccesso è il frutto degli oltre due anni di cura di Andrea Orcel su Unicredit, alla quale ha cambiato volto dopo la parentesi di Jean Pierre Mustier. A riconoscerlo è la stessa agenzia Bloomberg, in un articolo che ripercorre la carriera del banchiere. «Gli investitori hanno accolto con favore gli sforzi» per «ridurre la burocrazia, chiudere le linee di business deboli e spostare le risorse verso attività più redditizie» potenziando utili che quest'anno dovrebbero arrivare a 7,5 miliardi. E certamente sul titolo (+87,9% in un anno) ha influito anche il piano di riacquisto delle azioni proprie, «più generoso di qualsiasi banca europea», con almeno 6,5 miliardi nel 2023 dedicati a dividendi e buyback. L'istituto, nei giorni scorsi, è uscito dalla lista delle banche sistemiche a livello globale del Financial Stability Board. Questo è il frutto del lavoro fatto per abbattere il costo del rischio della banca, ora più snella. Non avrà però vantaggi sui capitali da accantonare, poiché è stata inserita tra gli istituti sistemici che fanno riferimento a Bankitalia e dovrà comunque accantonare l'1,5% di capitale.

Nei piani di Orcel c'è sempre un grande deal, ma «se non ci sono i termini giusti, se non è il modo giusto, è meglio non avventurarsi», ha dichiarato a Bloomberg Tv, ma «se dovessimo fare qualcosa, siamo estremamente fiduciosi di poterne ricavare valore». Difficile che questa preda possa essere Mps. La sensazione è che Orcel stia sondando opportunità oltre confine, «nei mercati dove siamo già presenti». «Posso effettuare acquisizioni nazionali o combinazioni in 13 paesi». E allora, in questo senso, la suggestione Commerzbank ancora resiste. Il ceo però non ha fretta, sta costruendo il grande deal dalle fondamenta. Prima bisogna far crescere la valutazione del titolo, «sottovalutato» rispetto ad altri player europei rilevanti.

La ricetta per farlo è la crescita degli utili, la remunerazione degli azionisti e acquisti più piccoli: il focus ora è sull'Est Europa. Intanto in Grecia sono stati investiti 300 milioni in una partecipazione in Alpha Bank per distribuire prodotti assicurativi e di risparmio gestito. C'è anche attenzione alla tecnologia: ieri, per esempio, la banca ha comunicato di aver investito nella fintech tedesca Banxware, che permette alle piattaforme digitali di concedere prestiti ai loro clienti aziendali. Il cantiere c'è anche nel risparmio gestito, con l'idea di potenziare la macchina delle commissioni. Qui c'è da rimediare alla cessione di Pioneer fatta da Mustier 7 anni fa: su questo punto si lavora con Azimut, che si sta occupando di realizzare la casa prodotto per Unicredit che si chiamerà Nova Asset Management e partirà all'inizio del 2024.

Tutto questo fa parte di una tela che porterà Unicredit, un giorno, a essere pronta al grande deal: «L'Europa ha bisogno di banche con una capitalizzazione di mercato da 100 miliardi per affrontare vis-a-vis Stati Uniti e Cina». E chissà che Unicredit, un giorno, non diventi questo tipo di banca.

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