Effetto Tulliani: Gianfry si ritrova solo. Alla Radio l’ultima trincea dei finiani

Persi amici anche in cda: il consigliere Rositani, ex fedelissimo, ormai gli ha voltato le spalle

Roma Tutta colpa di Tulliani? Per buona parte sì, perché - raccontano in Rai - le pressioni ricevute da e per conto del cognato ferrarista hanno provocato dolorose fratture in tanti (ex) amici storici di Fini ai vertici della tv pubblica. Ma anche lui ce ne ha messo parecchio del suo per logorare, e in fin dei conti mandare in frantumi, antichi rapporti. Il clamoroso flop di Fini sulla mozione di sfiducia ha dato la stura all’esodo anche tra i finiani mimetizzati in Rai, quelli in attesa di equilibri più chiari per venire allo scoperto. Nella ridotta di Viale Mazzini la grande ritirata è peraltro iniziata da tempo, già prima che la rottura con il Pdl e gli scandali famigliari fossero di pubblico dominio.
L’ultimo giapponese che resiste è Bruno Socillo, l’ultimo dei finiani in Rai, specie ormai in estinzione tipo gli Apache. La riserva «futurista» è tutta concentrata nella radio, di cui Socillo (uno dei giornalisti immortalati nella famosa foto di squadra ai tempi del Secolo d’Italia, presente anche a Mirabello) è appunto direttore, a suo tempo nominato per espressa volontà di Gianfranco Fini. Ed è ancora dentro Radio Rai (la radio dei secondi Fini) che si trovano altri due dirigenti classicamente etichettati in quota Gianfranco: Angelo Mellone e Paolo Corsini. In realtà il dopo-fiducia ha accelerato un processo di raffreddamento o allontanamento in corso, soprattutto per Corsini, inventore di Lettera22 (associazione di giornalisti non di sinistra), vicedirettore di Gr Parlamento già da molto tempo in orbita Gasparri, il che significa anti-Fini.
L’ex colonnello di An è, insieme a Ignazio La Russa, l’approdo naturale per gli ex finiani che cercano una sponda politica in Rai. In sganciamento verso i colonnelli Pdl è dato anche Gianni Scipione Rossi, già finianissimo intellettuale (fratello dello scalmanato direttore di «Farefuturoweb») messo proprio da Fini alla vicedirezione di Rai Parlamento. Saldamente gasparriano e larussiano è Gennaro Sangiuliano, vicedirettore del Tg1, che ha preso distanza nettamente da Fini in tempi non sospetti, con articoli molto critici («Gianfranco calpesta i valori della destra», «Lo scandalo è il Fli che calpesta la sovranità popolare»). Finiano, o almeno presunto tale, è invece ancora Angelo Belmonte, un giapponese in terra straniera, visto che è vicedirettore della piddissima Bianca Berlinguer al Tg3 (in effetti il tg italiano più affezionato a Fli).
Diverso, e ben più lacerante, è il caso di Mauro Mazza, direttore di Rai Uno. La nomina di Mazza a capo della più importante (anche per budget) rete del servizio pubblico è stata trattata da Fini in persona, nel contesto del braccio di ferro tra ex An e ex Forza italia per gli assetti Rai. Ebbene, da mesi Mazza e Fini non si sentono più. Perché? La tesi più accreditata porta direttamente a Giancarlo Tulliani, e a pressioni insistenti ricevute dal direttore Rai per esigenze del cognato, tali da portare alla rottura definitiva di un’amicizia decennale. Cosa sia successo è impossibile saperlo, finché Mauro Mazza non deciderà di raccontare. Forse si rivelerebbe un caso analogo a quello di Guido Paglia, direttore delle Relazioni esterne Rai, che in estate ha coraggiosamente raccontato le richieste di Fini e Tulliani per «un minimo garantito» a Tulliani.
Anche Paglia, una volta, era finiano, ma da tempo è invece un berlusconiano di ferro (è intervenuto il Cavaliere in persona, con cui ha un rapporto personale fin dagli anni del Giornale montanelliano, per «salvarlo» dall’esilio a Rai Net...). Ma c’è un’altra vicenda che racconta molto del rapporto gelido di Fini con gli uomini (un tempo) a lui vicini. E riguarda il consigliere di amministrazione Guglielmo Rositani, anche lui finiano ormai preceduto da «ex».

La rottura si deve a un problema personale di Rositani, legato allo sblocco del vitalizio da ex parlamentare su cui avrebbe dato parere positivo l’ufficio tecnico della Camera. Sì, ma non Fini, che ha così fatto risparmiare qualche euro a Montecitorio. Ma ha perso un amico. Un altro dei molti già andati.

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