Prima ancora che la sua voce si faccia sentire e le sue mani sfiorino la tastiera Elton John suscita una standing ovation all'Auditorium di Roma.
Basta che il mito della musica compaia sul palco, non più estremamente bizzarro come una volta ma con la lunga giacca nera ricamata di paillettes che disegnano una sirenetta, e tutti nella sala Santa Cecilia balzano in piedi ad applaudire ed acclamare il baronetto inglese.
Lui s'inchina verso la platea e verso la galleria alle sue spalle, ringrazia con i pollici in alto, sorride con fare d'intesa, chiede a tutti come stanno e poi dà voce ad una sfilata delle sue più famose canzoni.
A tre anni dall'esibizione al Colosseo, Elton John torna a cantare a Roma, aprendo in grande stile, con due concerti ieri e oggi, la nuova stagione degli spettacoli.
Al suo fianco ha il mago delle percussioni Ray Cooper, che fin dagli anni '70 partecipa a questi duetti fuoriclasse e ha nel suo curriculum collaborazioni con gente come George Harrison, Eric Clapton, Sting e complessi come i Pink Floyd, gli Who, i Beatles e i Rolling Stones.
Oggi hanno Elton John ( al secolo Reginald Kenneth Dwigtht) e Cooper hannio ambedue 63 anni, ma con un'energia sempre intatta e un entusiasmo travolgente riescono a contagiare giovani, cinquantenni e anziani.
Vanno in visibilio i ragazzi che sfoggiano in suo onore copie dei famosi grandi occhiali da scena e magliette con il suo viso; seguono l'irresistibile musica tamburellando con le mani e i piedi i grandi manager in grisaglia grigia da Cesare Romiti a Fulvio Conti, da Paolo Cuccia ad Innocenzo Cipolletta. Per non parlare di Roberto D'Agostino, con il suo codino e il look d'ordinanza, che non riesce a stare fermo un minuto al suo posto.
Virtuoso del piano, in un mondo fatto quasi esclusivamente di chitarristi, Elton John passa con magistrale eclettismo dal rock al pop, dal jazz al blues. Emozionano soprattutto i vecchi successi, «Rochet man», «Goodbye Yellow Brick Road», «Your Song», «Don't Let The Sun Go Down On Me», «Nikita», «Tiny Dancer». Ma anche la più recente ballata politica sul tema dell'Aids, che lui introduce ripetendo l'accusa alla politica reaganiana che avrebbe sottovalutato la malattia: «Ballad of the Boy in the Red Shoes». Unica delusione, soprattutto per le tante signore, è l'assenza della canzone dedicata a Lady Diana: «Candle in the wind».
L'inizio melodico sale in un crescendo e raggiunge il suo apice quando, a metà serata , entra in scena Cooper tra suggestivi effetti speciali.
In giacca e cravatta, occhialetti neri e cranio pelato, il percussionista accompagna il martellare sul piano di Elton John sovrastandolo da una postazione che sembra quella di un alchimista della musica.
Passa, con gesti ieratici, dalla batteria ai piatti, dai tamburi all'enorme gong. E rientra nell'ombra ogni volta che la musica non richiede più le sue forti sottolineature.
Anche grazie alla sua presenza carismatica l'atmosfera è teatrale: sul palco dell'Auditorium il ritmo si fa più serrato, le canzoni miscelano durezze rock e improvvisazioni afroamericane, incalzano lo spettatore. Le percussioni di Cooper si amalgano perfettamente con il suono del pianoforte acustico. La particolarità di Elton è appunto quella di usare questo strumento, non la chitarra elettrica, vera icona strumentale del rock, e nemmeno la tastiera.
La febbre dei fans a un certo punto si fa irrefrenabile. In galleria la luce dei telefonini viene usata per accompagnare il ritmo come si faceva con le fiammelle di candele o accendini. In galleria i più giovani escono nel buio dalle poltrone di velluto rosso, strisciano nei corridoi, abbassandosi per non farsi vedere. Si avvicinano poco a poco e verso la fine del concerto escono allo scioperto, accalcandosi sotto il palco, per vederlo bene il fenomeno britannico, fotografarlo, registralo, riprenderlo con i cellulari, ballare alla sua musica, incoraggiarlo con le grida, strappargli quando si avvia all'uscita tanti preziosi autografi.
La serata diventa un vero happening e gli applausi, le incitazioni, le suppliche reclamano il bis.
Un po' goffo con la sua stazza appesantita, un po' buffo e travolgentemente simpatico Elton si esibisce ancora in uno dei suoi successi, prima di scomparire tra gli addetti alla sicurezza, che cominciano ad innervosirsi.
Solo due giorni per la capitale sono pochi e l'Auditorium è gremito, con biglietti (peraltro costosissimi) prenotati da mesi. Ma dopo le esibizioni a Milano e a Roma il tour in Italia continua in altre città: il 22 in Puglia, a Trani e il 24 in Sicilia, a Taormina.
É anche un modo per lanciare il nuovo album. Elton John, con un record di dischi venduti che si avvicina alla fantastica cifra di 250 milioni di copie, continua a promettere successi dopo 40 anni di ascesa.
Il prossimo 26 ottobre uscirà « The Union», in cui l'icona musicale incontra un altro personaggio-culto dalla lunga storia: il compositore americano Leon Russell. Ancora un intramontabile artista degli anni Sessanta.
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