Emergency adesso gioca con il fuoco

Mentre la diplomazia lavora per risolvere la delicata questione, l’Ong alza il tiro, accusa Kabul di "sequestro di persona" e chiede l’immediata liberazione dei volontari. Mettendoli così a rischio

Emergency adesso gioca con il fuoco

Le autorità afghane continuano a smorzare i toni sull'arresto dei tre operatori umanitari di Emergency, ma l'ong fondata da Gino Strada alza il tiro accusando Kabul di «sequestro». Un gioco pericoloso che rischia di mettere i bastoni fra le ruote alle mosse diplomatiche della Farnesina e del nostro ambasciatore in Afghanistan, Claudio Glaentzer.
Daoud Ahmadi, il portavoce del governatore di Helmand, dove si trova l'ospedale di Emergency finito nel ciclone, è sempre più cauto: «Le indagini sono in corso. Non ci sono novità. Bisogna attendere gli esiti» spiega al telefono da Lashkar Gah. «Nessuno ci ha mai parlato di confessioni» confermano fonti diplomatiche italiane. Anche da Kabul, il ministero degli Interni, continua a sposare al linea della cautela. L'impressione è che qualche mela marcia locale abbia usato l'ospedale di Emergency come deposito occulto. Gli italiani non se ne sono accorti o hanno controllato poco finendo per rimanere incastrati.
«Pistole, giubbotti esplosivi, radio e altro equipaggiamento sono stati trovati in un magazzino dell'ospedale di Emergency supervisionato indirettamente dagli italiani» dichiara Ahmadi. L'obiettivo del complotto sarebbe stato lo stesso governatore Gulab Mangal. Subito dopo Ahmadi ci tiene a specificare con «Il Giornale» che l'inchiesta non ha nulla a che fare con accuse di propaganda anti Nato o di curare i feriti talebani: «Anzi il governatore aveva consegnato un certificato di apprezzamento all'ospedale di Emergency per come assistevano la popolazione» sottolinea il portavoce. Anche sull'accusa del coinvolgimento di uno dei fermati, il chirurgo Marco Garatti, nell'omicidio di Adjmal Nasqbandhi, arriva la precisazione. Adjmal era l'interprete dell'inviato di «Repubblica» Daniele Mastrogiacomo rapito dai talebani nel 2007. Non tornò mai a casa perché i talebani lo decapitarono. «Il governatore ha detto che Marco era nell'ospedale di Emergency quando il vostro giornalista è stato liberato e l'interprete afgano no. Nulla di più, ma l'inchiesta chiarirà anche questo punto» spiega Ahmadi. Le autorità della provincia di Helmand non vogliano chiudere l'ospedale di Emergency: «Ribadisco come il governatore abbia riferito domenica all'ambasciatore italiano, che il crimine è un atto individuale. L'indagine sarà trasparente ed in nessun modo questo incidente deve riflettersi sull'assistenza e al cooperazione fra l'Italia e l'Afghanistan».
Fonti diplomatiche aggiungono a «Il Giornale» alcuni dettagli dell'incontro fra Glaentzer e Gulab Mangal: «La permanenza operativa dell'ospedale di Emergency a Lashkar Gah è stata auspicata dal governatore a beneficio gratuito dei locali». Le autorità afghane hanno anche ringraziato l'Italia per l'impegno del nostro contingente militare nell'Afghanistan occidentale (in estate saranno 4mila uomini).
Per quello che vale pure un comandante talebano, che ha combattuto nella zona, smentisce con l'agenzia di stampa AdnKronos, collusioni con Emergency: «Perchè mai dovremmo pagare 500mila dollari a un farangi (straniero) quando abbiamo centinaia di persone pronte a diventare shaid (martire di un attacco suicida)?» dichiara Abdul Khaliq Akhund in un'intervista telefonica. Il comandante fa notare che «ll comandante dei credenti, il mullah Omar (leader guercio dei talebani, nda), apprezza il lavoro della Croce Rossa. Questo significa forse che i talebani sono in collusione con la Croce Rossa?». Il problema è che la Croce rossa internazionale si comporta come effettiva organizzazione neutrale, Emergency, invece, spara ogni giorno cannonate verbali contro la Nato e ha la vista corta sulle nefandezze dei talebani.
Settantadue ore dopo l'arresto rimbalzano come ridicole e controproducenti gli strali di Emergency che parla di «sequestro» degli operatori umanitari «dal momento che i tempi di un fermo legale sono scaduti». I tre in manette Marco Garatti, Matteo Dell'Aira e Matteo Pagani sono in mano dell'Nds, che secondo una legge segreta anti terrorismo. Emanata dal presidente Hamid Karzai, potrebbe trattenerli per diverso tempo. Anche se in teoria la magistratura afghana dovrebbe confermare, o meno, l'eventuale accusa di favoreggiamento entro 15 giorni.
Per sbrogliare la matassa giuridica il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha disposto l'arrivo a Lashkar Gah, nelle prossime ore, di Rosario Aitala. Un esperto giuridico dell'Unità sull'Afghanistan. L'ambasciatore Glaentzer resterà in zona perché l'obiettivo, secondo fonti diplomatiche, «è di risolvere la vicenda in tempi più rapidi di 15 giorni».

Per questo motivo l'Italia sta attivando i propri contatti nei servizi segreti afghani e con il ministero degli Interni: «Il messaggio agli afghani è chiaro - spiega una fonte diplomatica - Accelerate i tempi il più possibile».
(ha collaborato
Bahram Rahman)

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