Entra in parlamento il primo musulmano della storia Usa

Keith Ellison, democratico, si batte per i diritti civili e condanna gli integralisti: «L’islam non è fanatismo»

Gabriele Villa

«Islam non vuol dire fanatismo». Azzardato, certamente difficile da pronunciare, davanti a Ground Zero, il suo slogan. Ma, evidentemente, efficace. Tanto da portare per la prima volta lui, un musulmano, direttamente al Congresso degli Stati Uniti d'America. Entrando dalla porta principale. Il protagonista dell'ultima storia impossibile, che può diventare possibile solo negli States, è l'avvocato afroamericano, nonché candidato democratico del Minnesota, Keith Ellison, 43 anni. Un uomo solo al comando che con il suo 56 per cento dei consensi ha sbaragliato il repubblicano Alan Fine e l'indipendente Tammy Lee, entrambi fermi al 21 per cento. Un risultato straordinario, ottenuto grazie anche ad uno sponsor d’eccezione: l'altro afroamericano Barak Obama, probabile candidato nella corsa, prossima ventura alla Casa Bianca.
Pensava, contava di vincere facile, Ellison, deputato per due mandati nel Congresso del Minnesota, e proprio per questo motivo, durante la sua campagna elettorale, è stato particolarmente attento alle «sbandate». Attento soprattutto a non diventare un portabandiera dei musulmani d'America, che pochi o tanti, rappresentano comunque il tre per cento della popolazione federale. Energie buttate alle ortiche, dunque, quelle spese dal suo rivale repubblicano, Alan Fine, che non ha perso occasione per ricordare a tutti la fede musulmana di Ellison e i suoi legami con il movimento dei Musulmani Neri di Louis Farrakhan. Ellison è sfuggito a ogni trappola e ha giocato di rimessa, precisando di avere legami molto tenui col movimento di Farrakhan con cui avrebbe collaborato solo per organizzare una marcia dei neri su Washington per sostenere i diritti civili degli afro-americani. Va detto che Ellison aveva dalla sua il vantaggio di correre in un distretto, quello di Minneapolis, fortemente democratico, con una maggioranza bianca e una importante presenza di immigrati dalla Somalia e di ispanici. Un fattore campo che gli ha permesso di estrarre dal cilindro un altro slogan che si è rivelato, alla fine, particolarmente convincente: «Ognuno conta, ognuno è importante». Così il candidato democratico ha infranto un'altra barriera del suono diventando anche il primo nero inviato al Congresso dagli elettori del Minnesota.
Nato in una famiglia cattolica di Detroit, nel Michigan, convertitosi all'Islam mentre frequentava, era il 1987, i corsi di legge all'Università del Minnesota (da allora sostiene di aver sempre combattuto gli islamici integralisti) Keith Ellison è sempre stato un severo critico della guerra in Irak ed ha cercato di fare dei problemi della protezione dell'ambiente e della assistenza sanitaria i punti principali dei suoi comizi. Nel Minnesota l’avvocato Ellison si è sposato con Kim, professoressa di matematica al liceo. Da lei ha avuto quattro figli: tre maschi dagli impegnativi nomi biblici, Geremia, 17 anni, Isaia, 15, ed Elia, 10, e una femmina, Amirah di 9 anni.

La frase che Ellison ripete più spesso? «La mia educazione è stata plasmata da entrambe le fedi, cattolica e musulmana, e dalla figura di mio nonno, un attivista per i diritti civili che ha lavorato a lungo nel Sud degli Usa».

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