Enzo Sellerio: l’ultimo grande talento neorealista

Enzo Sellerio: l’ultimo grande talento neorealista

Era famoso per il carattere difficile e il temperamento fumantino (celebri le liti con critici e curatori che non si consultavano con lui prima di esporne le immagini), ma soprattutto per la lungimirante prospettiva intellettuale. Enzo Sellerio, alla fotografia ci arriva «per volontà o per caso», come recita il titolo di una delle sue più importanti monografie, con la passione del dilettante e non con il calcolo dell’artista professionista. Forse per questo il debutto è tardivo, a 36 anni. Insieme alla macchina fotografica l’altra passione fu quella dei libri: nel 1969 insieme alla moglie Elvira Giorgianni (scomparsa nell’agosto 2010) fonda la Sellerio Editrice, piccola realtà siciliana fortemente caldeggiata da Leonardo Sciascia: il formato tascabile, la carta uso mano, la sovra coperta blu, la proposta di autori ancora sconosciuti quali Bufalino e Camilleri, rivelatisi poi dei bestseller, sono ragioni sufficienti per diventare un oggetto di culto nell’Italia degli ultimi quarant’anni.
Enzo Sellerio è morto ieri a Palermo, dove era nato nel 1924. Una città che non ha mai abbondonato nonostante negli ultimi tempi la detestasse. Hanno fatto scalpore le sue recenti dichiarazioni in cui sosteneva che la mafia fosse l’unica forma vitale rimasta in Sicilia e che il sacrificio di Falcone e Borsellino si era rivelato inutile tanto risulta diffusa l’illegalità. «Abito a casa mia, non a Palermo» diceva, con una punta d’amarezza.
Laureato in Giurisprudenza nel 1944, nel 1952 partecipa a un concorso fotografico dove vince, a sorpresa, ben 50mila lire e ottiene la pubblicazione sull’importante rivista di settore Sicilia. Il suo stile è legato al neorealismo, asse portante della letteratura e del cinema di allora, rigorosamente in bianconero. Ciò che lo distingue da altri grandi maestri siciliani, ad esempio Ferdinando Scianna o Letizia Battaglia, è l’elemento simbolico dei suoi scatti, il gioco di sguardi intensi ed enigmatici che intercorre tra i suoi personaggi, una raffinata psicologia che si impone sempre sull’elemento paesaggistico e oleografico del Sud. Borgo di Dio, pubblicato nel 1955, è considerato il suo capolavoro, mentre la foto che più amava è del 1960, un uomo di spalle insieme al suo asino mentre sullo sfondo lontano una gigantesca portaerei americana attraversa il mare di Palermo, un “quadretto” degno del miglior Chaplin.
Le sue inchieste, pubblicate su Il Mondo, Vogue e Fortune, gli attribuiscono fama internazionale proprio per quello sguardo inquieto e non conformista. Celebri i fotogrammi scattati ai bambini della Kalsa, gli emigranti alla stazione in attesa di un treno che li porterà lontano.

Spesso il suo lavoro è stato caricato di una forte connotazione politica, dalla documentazione della comunità del sociologo Danilo Dolci alla lotta contro mafia, analfabetismo, disoccupazione, degrado ambientale. Eppure Sellerio è rimasto fondamentalmente un poeta, convinto della superiorità di un intelletto aristocratico e distaccato che condivideva con altri grandi della sua terra.

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