Entro il 2020 ci saranno 50 miliardi di dispositivi connessi «a livello globale» di cui 1,2 miliardi solo in Italia. Connessioni che porteranno a un incremento del Pil del 5 per cento in dieci anni e - una volta «integrati nei processi e nei servizi» - creeranno «nuove e infinite opportunità» per «imprese, istituzioni e cittadini». Sono le previsioni di Ericsson, secondo cui «l'evoluzione delle tlc diventa strategica per lo sviluppo socioeconomico» e «si conferma motore dell'innovazione» in tutti i settori. Nel corso del XII Evento annuale, l'azienda di telecomunicazioni ha spiegato che «questa tendenza» in atto avrà «un impatto determinate sul sistema Paese» determinando «concreti vantaggi per la collettività: dal risparmio della spesa pubblica e privata alla riduzione di emissioni di Co2, dalla maggiore competitività delle imprese al miglioramento della qualità di vita degli individui». Ma soprattutto l'evoluzione delle tlc avrà conseguenze positive su Prodotto interno lordo e occupazione.
Una ricerca condotta da Ericcson dimostra infatti come «ogni 10% di incremento della penetrazione di banda larga genera un aumento dell'1 per cento di Pil». Allo stesso modo «per ogni mille nuovi utenti di banda larga si creano 80 nuovi posti di lavoro». Senza dimenticare che «l'utilizzo di sei applicazioni in mobilità» - per esempio «l'e-commerce, l'e-health, il telelavoro, l'e-government, la gestione del traffico e l'entertainment» - consente a ogni cittadino «di risparmiare fino a 234 ore per anno» incidendo «positivamente sulla qualità della vita degli individui».
«Siamo di fronte all'Ict Revolution - ha commentato il presidente e Ad di Ericsson, Cesare Avenia - un momento cruciale nel quale l'evoluzione dell'Ict sarà un elemento fondamentale di competitività e avrà un impatto sempre più determinante sull'economia e sulla società». Ma è importante che «non si tolgano investimenti alla filiera», ha aggiunto Avenia, e che «quando la filiera genera ricavi» per esempio con l'asta delle frequenze «i ricavi restino nel settore imponendo agli operatori certi livelli di investimento».
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