Con erotica ironia Così amavano gli antichi greci

Forse è vero che l’amore è un’invenzione dei poeti. Oppure un inganno dei sensi, come hanno sostenuto i più cinici; nonché un sentimento poco nobile, a causa della sua imprescindibile connivenza con la carne. Lo si può accusare di molte debolezze, a volte di qualche nefandezza, dal tradimento alla menzogna, tuttavia non si può negare il suo contributo alle arti. Da Elena di Troia in poi, le figlie di Afrodite hanno animato i capolavori della letteratura e dell’arte. L’erotismo, fin dal mondo pagano, si afferma non solo come argomento degno di produzione letteraria, ma anche come autentico genere. Le epoche della storia affidano alla letteratura erotica un aspetto intimo, ma molto eloquente a proposito dei costumi sociali del tempo. Del resto la raffinatezza di una civiltà si misura anche dalla grazia con cui è gestito il gioco erotico tra uomo e donna. Così le Lettere d’amore, composte da Alcifrone, Filostrato e Aristeneto tra il II e il V secolo della nostra era - oggi pubblicate a cura di Fabrizio Conca e Giuseppe Zanetto (Bur) - mostrano quanto fossero pieni di ironia e intelligente libertà i rapporti erotico-sentimentali nel periodo che va dal tardo impero romano fino alla netta affermazione del cristianesimo. Non senza distinzioni sostanziali tra i tre autori, di cui non sempre è semplice trovare tracce storicamente accertabili. Alcifrone, retore di probabile origine ateniese collocabile nella seconda metà del II secolo, ha lasciato quattro libri di corrispondenza epistolare. Il quarto, in cui l’autore compone un corpus di lettere tra cortigiane dai toni talora boccacceschi, la dice lunga sulla libertà dei costumi e sulla condizione delle etere, spesso donne colte, sapienti nell’arte dell’amore, ma anche nella conversazione. Le confidenze tra Taide, Lamia, Gliceride e le altre sono un monumento all’astuzia e all’arte seduttiva femminile. Se Alcifrone ha il tocco lieve della dotta ironia, Filostrato, nato forse nel 165 e legato al “salotto” di Giulia Domna, madre dell’Imperatore Caracalla, a tratti sembra anticipare la grazia degli stilnovisti. Filostrato, dotto sofista, racconta l’erotismo con metafore raffinatissime, costruendo piccoli capolavori di stile. Una dote che non conosce l’usura dei secoli, proprio come le astuzie delle cortigiane di Alcifrone. Dei tre, Aristeneto è il più recente, con ogni probabilità visse in piena epoca cristiana, ai tempi dell’Imperatore Giustiniano. Nelle sue pagine si respira già aria di nostalgia, con qualche tocco di citazionismo nella ripresa di schemi e temi che riecheggiano il mondo pagano, perduta età dell’oro. E questo nonostante nelle sue lettere siano riprese situazioni a volte al limite del ridicolo, come l’epistola in cui un carceriere confida all’amico di essersi visto portar via la moglie proprio da un carcerato.

Aristeneto tocca tutti i generi, dalla tragedia alla commedia al dialogo filosofico, lasciando trasparire, dietro il tema dell’erotismo, un grande amore per la letteratura pagana. Del resto, pur sempre d’amore si tratta. E dato che, pur con tutti i suoi limiti, esso ha il pregio di essere eterno, non si può negare che questa raccolta di lettere tanto antiche sappia essere molto moderna.

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