Esplosa nella notte l’auto del vice-imam Hamid Zariate. Secondo gli investigatori i responsabili potrebbero essere interni alla comunità musulmana Bombe a Segrate, la pista porta nella moschea Si riaccende il dibattito sui luoghi di culto islamici. Appe

Su una considerazione sembrano essere un po’ tutti d’accordo: le moschee sono polveriere. E che l’attentato che ha mandato in fumo, con l’esplosione di due ordigni, la Peugeot 306 parcheggiata davanti all’ingresso principale della struttura e di proprietà di Hamid Zariate (il marocchino che ora si trova nel centro islamico solo per aprirlo, chiuderlo e curare la preghiera del venerdì perchè l’imam, Abu Shwaima è in vacanza nella natia Giordania, ndr) fosse diretto alla persona di Zariate e sia da attribuire a frizioni interne tra i frequentatori della struttura (come sembrerebbero credere gli investigatori) o al luogo di culto (come sostiene invece il vice imam) assume un’importanza marginale nella valutazione globale di quanto è accaduto.
«Un attentato è sempre un attentato e va condannato in ogni caso - sottolinea il vice sindaco Riccardo De Corato -. A Milano ultimamente il clima sembrava tranquillo, non so proprio chi voglia far alzare la tensione. Spero che la magistratura e i carabinieri arrivino a spiegarci cosa e chi c’è veramente dietro questo atto dinamitardo. Non c’è dubbio, comunque, che tra le mura delle moschee esistono tensioni fortissime che, da un momento all’altro, possono sfociare in rivolte o reazioni estreme: non per niente molti terroristi sono stati trovati nascosti all’interno di questi centri culturali».
«Tutto questo dipende dal fatto che non esiste in Italia un albo dei centri culturali islamici, dei loro imam. E invece il nostro governo, con l’aiuto della magistratura e delle forze dell’ordine, dovrebbe disciplinare questi ambienti in maniera precisa, fissando per loro regolamenti fermi e chiari - prosegue e conclude il vice sindaco -. L’onorevole Gianfranco Fini aveva chiesto, ad esempio, che gli imam tenessero i loro sermoni in italiano, visto che le loro strutture trovano ospitalità in Italia e noi abbiamo il dovere di sapere cosa si dice e cosa, spesso, si cela dietro determinate preghiere. Eliminare le moschee? No, sarebbe sbagliato: non si può impedire ai musulmani di professare il loro credo. E poi i loro luoghi di ritrovo e di culto, danno a noi la possibilità di controllarli e trovarli».
Più radicale il pensiero dell’assessore al Territorio e all’Urbanistica della Regione, il leghista Davide Boni. «Dentro la moschea di Segrate, spesso, in passato, la Digos ha trovato dei clandestini, nascosti lì dallo stesso Shwaima che quindi tollera anche la presenza di fuorilegge. Se la libertà di culto significa far scoppiare le auto, poi, non voglio nemmeno pensare, un giorno, di essere qui a parlare non della vettura esplosa, bensì della persona che ci si trovava sopra, cioè di una tragedia ancora più grande... - sottolinea Boni -.

Questi centri islamici sono da chiudere. Subito. E vanno controllati. Ma per portare a compimento un’azione come questa deve essere chiamato in causa anche il sindaco di Segrate, che appartiene alla Casa delle Libertà, Adriano Alessandrini».

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