"A una donna risulta difficile proteggere un negozio che vale milioni, è la natura stessa della donna che non le consente di farlo": queste le motivazioni che hanno spinto la Camera di Commercio di Riad ad emanare una legge che vieta alle donne di fare le commesse in negozi di gioielleria. Secondo il provvedimento, le donne saudite sarebbero inadatte a questo lavoro perché incapaci di difendersi dai ladri. Immediate le polemiche, scoppiate in tutto lo stato, sostenute dalla "business comminuty" araba che comprende l'importanza di una donna nel campo dei gioielli. Ayman Al-Hafat, ceo di “L’Azurde”, si è detto favorevole ad una maggiore presenza di donne nel settore dell’oro, soprattutto per servire "clientela femminile" a cui una donna saprebbe sicuramente consigliare meglio.
La legge si presta alle più disparate interpretazioni: per alcuni la causa è la vulnerabilità delle donne, incapaci di difendersi. Per altri è a loro emotività verso i gioielli a fare da punto di forza, additandole come gazze ladre a cui brillano gli occhi. Già da qualche anno in Arabia Saudita il Riad discute sulla posizione delle donne nel lavoro, e mentre alcuni si battono per dare alle donne la possibilità di apportare il loro contributo al mondo economico, le ali più conservatrici rimangono legate ai culti tradizionali e alle leggi islamiche, profondamente radicate nel paese, a volte più della legge stessa.
Nel frattempo lo stesso ministro del Lavoro, Adel Fakieh, si è professato teoricamente favorevole ad una integrazione femminile più forte nel mondo del lavoro, anche se alle donne è tuttora proibito viaggiare, guidare, andare in bicicletta, accedere - a volte - all'istruzione superiore o sposarsi senza l'autorizzazione di un uomo che ha la potestà su di loro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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