È la rivincita della lingua italiana. E anche un po' dell'immagine del nostro Paese, di cui si pensa spesso - talvolta lo pensiamo anche noi - che a livello europeo conti poco o nulla. Ieri non è stato così: il Tribunale dell'Ue ha annullato tutti i bandi di concorso per l'amministrazione pubblica europea che erano stati pubblicati solo in tre lingue, inglese, francese e tedesco, ignorando le altre 21 lingue comunitarie, tra cui la nostra.
Non ci sono lingue più uguali delle altre, è il messaggio che viene fuori, e la vittoria giudiziaria è soprattutto italiana perché è dallo Stivale che era partito il ricorso contro i bandi di alcuni concorsi, per la selezione di personale nel settore dell'informazione, della comunicazione e dei media, svoltisi tra il 2008 e il 2009. Il Tribunale di Lussemburgo aveva in un primo momento respinto il ricorso; la Corte di giustizia si era pronunciata, invece, in senso inverso nel novembre dello scorso anno, annullando la sentenza del Tribunale. E ieri anche i giudici del Tribunale hanno rivisto la posizione iniziale.
Chi intanto ha passato il concorso non ne vedrà messo in discussione l'esito positivo, ma il messaggio lanciato dalla Corte di giustizia Ue è importante: il trilinguismo che impera in molte delle istituzioni europee non è un principio intoccabile. Anzi.
I bandi erano stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell'Unione tra febbraio e maggio del 2007: si richiedeva ai candidati la conoscenza «approfondita» di una delle 23 lingue (all'epoca non c'era ancora la Croazia, entrata nel luglio di quest'anno a far parte dell'Ue) e la conoscenza «soddisfacente» di una tra tedesco, inglese e francese. In queste tre lingue si sarebbero poi svolti i test di preselezione, così come le prove scritte del concorso.
Ma, al di là delle competenze linguistiche richieste in una specifica selezione, la normativa europea è chiara: i bandi di concorso devono essere obbligatoriamente e «senza alcuna eccezione» pubblicati in tutte le lingue ufficiali. Un'eventuale limitazione alla «troika» di inglese, francese e tedesco può essere ammessa solo «dall'interesse del servizio», e in ogni caso le regole che limitano la scelta devono prevedere «criteri chiari, oggettivi e prevedibili».
Tutte cose che in questa circostanza mancavano: da qui la decisione dei giudici.
Una prova del fatto che «in Europa nessun cittadino può essere discriminato per la propria lingua», ha dichiarato l'europarlamentare Pdl Licia Ronzulli.
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