Attentato a Beirut: muore il capo dei servizi d'intelligence

L'esplosione di un autobomba nel quartiere a maggioranza cristiana ha provocato almeno otto morti. Ucciso anche il numero uno dell'intelligence. Non si escludono responsabilità siriane

Attentato a Beirut: muore il capo dei servizi d'intelligence

Otto morti (tre per il bilancio provvisorio del governo) e 78 feriti. Una vera e propria carneficina quella che ha colpito Beirut nelle ore più affollate della giornata, colpendo il quartiere di al-Ashafryeh, a maggioranza cristiana, non lontano dalla sede del quartiere generale del partito ultra-nazionalista della Falange.

L'attacco, probabilmente di matrice terroristica, è stato portato a termine utilizzando un auto bomba, che ha quasi distrutto due edifici residenziali. Da uno dei due si levano fiamme. A fuoco anche numerosi veicoli.

Otto i morti, tra di essi - dice al Jazeera - anche Wissam al Hasan, capo del servizio informazione della polizia libanese, vittima dell'attacco dinamitardo. Proprio la morte del numero uno dell'intelligence ha fatto sorgere il dubbio che più che un attentato l'attacco possa essere un assassinio politico.

La pista siriana

Immediata la condanna da parte del governo del Libano, che ha parlato di "un attacco terroristico ingiustificabile". Tra le ipotesi sul motivo dell'attentato anche quella del deputato di opposizione Nihad Mashnuq.

Il politico sostiene che la carneficina sarebbe "un messaggio esplicito del regime siriano", lanciato col preciso scopo di "terrorizzare i libanesi". L'idea di una matrice siriana dietro l'attacco è stata respinta peraltro dall ministro delle Telecomunicazioni, Nicholas Sehnaoui. "Non dobbiamo fare commenti, nè cadere nella trappola di chi vuole creare divisioni nel Libano, questo è il momento di rimanere uniti".

Un'ipotesi simile a quella di Mashnuq è stata formulata anche da Samir Geagea, leader del partito Forze Libanesi. Secondo il politico maronita, al-Hassan sarebbe stato ucciso "perché aveva arrestato Michel Samaha", ex ministro dell'Informazione, vicino a posizioni filo-Assad.

"Un attacco contro i civili"

L'ipotesi di un attacco rivolto contro i cristiani maroniti della capitale non è confermata né smentita dall'arcivescovo Paul Youssef Matar, che non esita però a condannare un'azione in cui "i bersagli erano chiaramente le persone" e che non è parte di "una guerra politica", ma di un tentativo di prendersela con "i poveri civili nelle loro case".

Il

presidente libanese Michel Suleiman e il premier Najib Miqati si sono riuniti poco dopo l'attacco in una riunione d'emergenza. Domani una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri riferirà su quanto accaduto oggi.

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