Dalle vignette al film su Maometto, chi tocca l'Islam muore

Lo scrittore indiano Rushdie, autore dei "Versetti satanici", fu condannato a morte per blasfemia. Il regista olandese Theo Van Ghog fu ucciso nel 2004. Poi le violenze per le vignette satiriche danesi

Dalle vignette al film su Maometto, chi tocca l'Islam muore

Chi tocca l'Islam muore. La storia degli ultimi anni è piena di episodi di violenza scatenati da libri, film e spettacoli teatrali considerati offensivi nei confronti della religione musulmana. A volte anche "solo" vignette satiriche. Il problema è che per alcuni non esiste libertà di pensiero, parlare di certi argomenti è tabù. I fondamentalisti islamici (e a volte non solo loro) non ammettono eccezioni e si vendicano contro chi sgarra. La prima volta che l'odio fontamentalista si è scagliato contro una rappresentazione culturale che osava parlare di Maometto fu nel 1988. A scatenare la rabbia furono "I versetti satanici", un romanzo di Salman Rushdie. Era una storia fantastica ma vi si potevano scorgere delle allusioni (considerate offensive) nei confronti del Profeta. L'ayatollah Khomeini pronunciò una fatwa nei confronti dell'autore, decretandone la condanna a morte per blasfemia. Rushdie si salvò rifugiandosi in Gran Bretagna, dove da allora vive sotto protezione. A distanza di venti anni la fatwa è stata reiterata con la seguente motivazione: "La condanna a morte dell'Imam Khomeini contro Salman Rushdie ha un significato storico per l'Islam e non è semplicemente una condanna a morte". Diverse persone che a vario titolo hanno avuto a che fare con quel libro sono finiti nel mirino dei fondamentalisti islamici: il traduttore giapponese Hitoshi Igari è stato ucciso, quello italiano, Ettore Capriolo, è stato ferito. Ferito anche l'editore norvegese del libro.

Nel novembre 2004 fu un film a scatenare l'odio anti occidentale. Theo Van Gogh, il regista olandese di Submission, un cortometraggio che affrontava il tema della condizione delle donne nell'Islam, fu ucciso in pieno centro ad Amsterdam. L'assassino dopo averlo freddato con otto colpi di pistola gli tagliò la gola.

Un'altra violenta esplosione di odio fondamentalista si verificò nel 2005. Quella volta a scatenarla furono alcune vignette satiriche, pubblicate da un giornale danese (Jyllands- Posten). Prima scoppiarono le proteste in diverse parti del mondo (e il boicottaggio dei prodotti danesi), poi qualcuno cercò di eliminare fisicamente - e più di una volta - uno dei vignettisti. Nel febbraio 2006 il ministro Roberto Calderoli, nel corso di un'intervista al Tg1, mostrò una maglietta - sotto la giacca - raffigurante una delle vignette dello scandalo. Nel giro di poche ore la notizia arrivò in Libia scatenando l'assalto al consolato italiano a Bengasi. E per calmare le acque Calderoli fu costretto alle dimissioni.

L'ultimo episodio drammatico è di queste ore. Un gruppo di persone ha assaltato con granate e armi da fuoco il consolato americano di Bengasi, nell'est della Libia, causando la morte dell'ambasciatore Usa e di tre funzionari. Tre quarti d'ora di cieca violenza scatenata da un film ritenuto offensivo nei confronti dell'Islam: "Innocence of Muslim" (L'innocenza dei musulmani). Il film diffuso online su YouTube, "è disumano e offensivo" nei confronti dell'Islam, ha detto il presidente afghano Hamid Karzai.

E il governo di Kabul ha bloccato Youtube. Quello egiziano, invece, ha promesso azioni legali contro il produttore del film. Dal Cairo a Kabul è partita la corsa a rassicurare le correnti più estreme dell'Islam, per evitare guai peggiori.

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