Io, saltato su una bomba con i soldati italiani: il blindato ci ha salvati

Drammatica esperienza del reporter del Giornale in Afghanistan. La corazza del Lince resiste alla trappola esplosiva piazzata lungo la pista

Io, saltato su una bomba con i soldati italiani: il blindato ci ha salvati

L'esplosione è improvvisa, quando meno te l'aspetti, lungo una pista arida, assolata e deserta, che si infila fra le montagne. Non hai neppure il tempo di capire se sei vivo o morto, che la polvere invade il super blindato Cougar fatto apposta per resistere alle trappole esplosive. È come se la mano del Dio talebano afferrasse il bestione da 14 tonnellate in movimento fermandolo come una macchinina giocattolo. «Siamo saltati, siamo saltati» urla alla radio il tenente Davide Secondi, che conduce la missione per stanare gli Ied, le famigerate trappole esplosive. E poi sbotta: «Porco demonio». La pesante corazza del mezzo di fabbricazione Usa e le cinture da formula Uno, che ti ancorano ai sedili, ci hanno salvato la pelle, ma il brivido lungo la schiena lo senti lo stesso. I primi attimi sono di sorpresa e caos, più che panico. E l'adrenalina pompa a mille. I tre guastatori alpini del 32° Genio di Torino, dentro il sarcofago d'acciaio, chiamano subito «Mariangela, Mariangela sei ferita?». Alla prima missione in Afghanistan, Mariangela Ballieri, 24 anni, è in ralla, con metà del corpo fuori dal mezzo attaccata alla mitragliatrice pesante. Il ruolo più pericoloso ed esposto, dove puoi venire lanciato nel vuoto come un birillo o ritrovarti con la testa portata via da una scheggia. Il Cougar non a caso ha una torretta protettiva. «Sto bene, sto bene. Per un attimo non sentivo dall'orecchio destro, ma ho preso solo qualche pietra» risponde la giovane donna soldato con le palle di un uomo. «Scendi dentro il mezzo, devi scendere, aiutatela» ordina il tenente, che a 24 anni guida i suo uomini come se fosse un veterano.

Aiutiamo Mariangela, capelli neri e sguardo da ragazza stravolto da tensione e paura. «Dobbiamo andarcene, dobbiamo andarcene. Era una trappola. Me lo sentivo, me lo sentivo» ripete, ma si sforza di riprendersi e ce la fa. «Oggi è l'anniversario di fidanzamento con Maurizio, guastatore come me, pure lui in missione in Afghanistan» sussurra la donna soldato. Non solo: in questa operazione sostituisce un commilitone perchè stava male. «Puntavo l'arma verso le colline nel caso gli insorti ci avessero attaccato - racconta Mariangela come se rivedesse un film -. L'esplosione non mi sembrava così forte, ma poi si è sollevato il polverone. Ho pensato: "Siamo saltati". Quando ho sentito le vostre voci significava che eravamo tutti vivi e ho tirato un sospiro di sollievo».
In mezzo al polverone Alessio Frattagli, 26 anni, l'autista, sta dando una mano al tenente per le concitate comunicazioni via radio dei primi minuti. Barba, taciturno, ma sorriso sempre pronto, una volta in salvo, racconta: «Subito dopo il botto, una nuvola di fumo e polvere ci ha avvolto. Il mezzo era stato colpito vicino alla ruota sinistra».

Il caporal maggiore scelto Vincenzo Pagliarello, detto Lello, 31 anni, è un veterano dell'Afghanistan e oltre ad essere guastatore ha il compito di prestare i primi soccorsi ai feriti. Nel 2010 a Bala Murghab, il fronte nord da dove ci siamo già ritirati, è stato lui il primo a raggiungere un blindato Lince saltato in aria. Per Massimiliano Ramadù e Luigi Pascazio, gli alpini che stavano davanti, non c'era nulla da fare. Dietro il caporal maggiore Cristina Buonacucina gridava dal dolore con una gamba incastrata fra le lamiere. Lello l'ha tirata fuori. Ed è lui che riceve l'ordine dal tenente, che lo segue, di scendere a terra, per controllare che non ci siano altre trappole esplosive. Prima si era avvicinato solo il robottino. Lello apre il portellone blindato e scende a terra, come se non fosse appena saltato in aria.

La trappola esplode verso le 10.30, mentre nel super blindato sto accendendo la videocamera che ha ripreso i momenti immediatamente dopo il botto. I talebani hanno piazzato l'Ied sulla Barbie, la famigerata statale 515, che collega Farah a Bakwa l'avamposto italiano più a sud, dove giovedì è caduto l'alpino Tiziano Chierotti. E ieri un colpo di mortaio ha sorvolato la base di Bala Baluk.
Oltre un centinaio di uomini del 9° reggimento alpini, l'8° bersaglieri, i lagunari e i carabinieri paracadutisti sono stati impegnati negli ultimi tre giorni in una missione a Kormaleq. Un grosso villaggio di 200 famiglie, dove i talebani la facevano da padroni e hanno decapitato il capo degli anziani. Prima sono arrivati i commando dei marines, che hanno passato le consegne agli italiani assieme agli afghani della polizia e dell'esercito.
Ieri l'ultima parte della missione guidata dal tenente colonnello Marcello Orsi prevedeva di avanzare fino al passo di Kormaleq, punto d'accesso per raggiungere Bakwa. Solo una quindicina di chilometri più in là è stato ucciso giovedì l'alpino Tiziano Chierotti. Dopo pochi chilometri un camion incenerito e abbandonato sul lato della strada mette in guardia i guastatori del 32° reggimento. Al primo controllo non si trova nulla. Il nostro mezzo è il secondo della colonna quando salta su un piatto a pressione collegato con diversi chilogrammi d'esplosivo, che per fortuna scoppiano davanti e non sotto il Cougar. Il drone che ci sorveglia dall'alto filma il botto.

I guastatori individuano una seconda trappola esplosiva a cinquanta metri da noi. Qualche ora dopo la fanno brillare. L'esplosione scuote l'aria e alza una colonna di fumo di una quindicina di metri simile al botto che ci ha fatto saltare.

Il tenente Secondi, della compagnia Uragano, sopravvissuto all'Ied, smorza la tensione con una battuta: «Per un guastatore è il battesimo del fuoco, ma ci aggiungo la comunione e la cresima. Una volta per tutte basta».
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