Gaza CityHamas ha indetto ieri a Gaza un giorno di festa nazionale per permettere alla popolazione di scendere in piazza a festeggiare mentre in Israele i primi sondaggi raccontavano di un'opinione pubblica furiosa con il premier Benjamin Netanyahu, accusato di aver messo fine troppo presto all'operazione militare.
A Gaza, in otto giorni di raid israeliani sono morte oltre 150 persone. I segni della distruzione sono ancora evidenti mentre riprende la normalità. Pochi minuti dopo l'annuncio del cessate il fuoco tra Israele e Hamas, mercoledì sera, il gruppo palestinese che controlla Gaza aveva già definito la tregua «una grande vittoria», amplificata dagli altoparlanti delle moschee, dalle radio e dalle tv locali. Il gruppo islamista ha presentato alla popolazione la tregua come un suo successo e sta usando gli eventi per rafforzare il proprio potere politico. Migliaia di persone sono arrivate ieri mattina davanti al Consiglio legislativo di Gaza a festeggiare la «vittoria» di Hamas. Tra la folla, però, non c'erano soltanto le bandiere verdi del movimento islamista - «la resistenza», come è chiamata qui Hamas - ma anche quelle gialle di Fatah, il partito rivale del presidente Abu Mazen, e quelle nere del Jihad islamico. Scene simili non si vedevano a Gaza dal 2007, quando Hamas conquistò la Striscia con le armi, cacciando la leadership di Fatah, che controlla la Cisgiordania. Con la festa di ieri, Hamas ha voluto mostrare alla popolazione che quello che ha definito un suo successo militare ha ricompattato anche i ranghi delle fazioni palestinesi. «Siamo un unico popolo, il prossimo passo sarà la riconciliazione», ha detto al Giornale il vice ministro degli Esteri Ghazi Hamad fra l'esultanza dei sostenitori di Hamas che gridavano: «Resistenza, resistenza».
Il premier di Hamas Ismail Haniye ha chiamato il rais palestinese Abu Mazen a Ramallah. Il presidente si è congratulato «per la vittoria», anche se fonti di stampa araba raccontano come la leadership di Ramallah sarebbe infuriata per essere stata lasciata da parte nei negoziati e marginalizzata dagli eventi. E scontenta è anche l'opinione pubblica israeliana: secondo i primi sondaggi, il 70% degli israeliani avrebbe voluto che l'operazione continuasse. Se la stampa locale loda in parte il modo «responsabile» con cui il premier Netanyahu ha messo fine alle ostilità, c'è chi, come alcuni riservisti arrabbiati su Facebook, ritiene «disfattista» il cessate il fuoco.
Il vice premier Dan Meridor ha detto che l'esercito aveva un unico obiettivo, quello di «riportare la calma nel Sud». Secondo gli analisti interpellati ieri dai giornali israeliani, l'obiettivo sarebbe stato raggiunto e i raid israeliani avrebbero incrinato le capacità militari di Hamas. In una settimana di attacchi, l'esercito israeliano ha colpito 1.500 obiettivi. All'inizio dell'operazione, i gruppi radicali palestinesi - sostengono i portavoce militari israeliani - avevano almeno 10mila missili. In otto giorni, ne hanno lanciati su Israele 1.500, uccidendo sei persone. L'aviazione israeliana avrebbe colpito i depositi della maggior parte di missili palestinesi a lunga gittata, ha rivelato al Giornale una fonte del ministero della Difesa. Si capirà però soltanto nelle prossime settimane se il potere di fuoco di Hamas e dei gruppi armati di Gaza sia realmente diminuito. Per ora, il premier Haniye ha chiesto alle fazioni di rispettare la tregua, anche se ieri le sirene hanno suonato ancora nel Sud d'Israele. E sono stati arrestati vicino a Ramallah gli autori dell'attentato sul bus a Tel Aviv: secondo lo Shin Bet i pianificatori avrebbero confessato legami con Hamas e Jihad; mentre per piazzare l'ordigno sarebbe stato reclutato un arabo israeliano. Nelle prossime ore, se la tregua non sarà rotta, le parti inizieranno a trattare sui dettagli dell'intesa che, spera Israele, porterà alla fine dei lanci di razzi sul Sud e, per i palestinesi, alla riapertura dei valichi di confine della Striscia.
Intanto il «mediatore» della tregua, il presidente egiziano Morsi ha di fatto blindato il suo potere: ha rimosso il procuratore generale e ha stabilito che d'ora in poi i magistrati non potranno più fare appello contro le sue dichiarazioni costituzionali e le sue decisioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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