Marò, l'armatore si difende E gli indiani ora chiedono la testa del comandante

La società proprietaria della Enrica Lexie: "Attraccare era l'unica cosa da fare". La famiglia dei pescatori chiede l'arresto del comandante della nave

Marò, l'armatore si difende E gli indiani ora chiedono la testa del comandante

Dopo le dichiarazioni del ministro degli Esteri, Giulio Terzi, secondo cui a consentire ed autorizzare il rientro in acque indiane della Enrica Lexie era stato innanzitutto l'armatore, ora Luigi D'Amato, presidente della Dolphin Tanker e della Fratelli D’Amato e proprietario della nave, si difende. 

Secondo quanto riportato dal legale dell'armatore, la decisione del comandante della Lexie di cambiare rotta e attraccare a Kochi - decisione che ha portato all'arresto dei due fucilieri italiani - sembrava "l’unica cosa saggia da fare", in quanto le autorità indiane avevano chiesto collaborazione per un sospetto attacco di pirateria. A leggere il libro di bordo, infatti, il 15 febbraio il comando marittimo di Mumbay, "verificata la posizione della Enrica Lexia, ha chiesto al comandante di cambiare rotta e di dirigersi verso Kochi, perchè a seguito di un’informazione di un sospetto attacco di pirateria erano state catturate due barche. Si chiedeva, in particolare, una collaborazione per ricostruire i fatti ed offrire eventuali testimonianze".

Subito dopo aver ricevuto la richiesta dalle autorità indiane, il comandate avrebbe inviato una richiesta scritta via email, mentre la petroliera italiana era già scortata da un elicottero e due motovedette. Solo in quel momento la società ha saputo dell'inversione di rotta e dell'attracco a Koochi. Il 16 febbraio un fax del ministero della Marina indiana ha informato l'armatore del fermo e chiedeva di collaborare con le autorità.

"È di tutta evidenza che la decisione del comandante è stata dettata dalle modalità dell’ordine e nella convinzione di non avere nulla da nascondere; quindi nella certezza di riprendere la navigazione in tempi stretti", ha spiegato il legale della società, "Anche perché né il comandante, né altri componenti dell'equipaggio potevano sapere dell'incidente occorso ai due pescatori. In quei momenti concitati una piccola deviazione di rotta per collaborare all’identificazione dei pirati ha rappresentato l’unica cosa saggia da fare, al fine di fornire un concreto contributo alla lotta alla pirateria".

Intanto la famiglia di uno dei pescatori uccisi hanno presentato oggi una petizione all’Alta Corte del Kerala in cui si chiede l’arresto del comandante dell'Enrica Lexie. Come spiega Yash Thomas, legale della famiglia di Ajash Pink, "la nostra richiesta sarà esaminata domani probabilmente nella stessa udienza in cui si discute il ricorso in merito alla questione della giurisdizione internazionale".

La richiesta si basa su su una vecchia legge del 1849 in cui si riconosce l’applicabilità delle leggi indiane per crimini commessi su navi in "alto mare". Domani, il tribunale deciderà anche sul ricorso dell’armatore italiano per il "rilascio" della petroliera rimasta ancorata al largo del porto di Kochi con altri quattro marò a bordo.

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