Dalla regina come a Wembley Il calcio in casa di Sua maestà

Il nipote William ha chiesto ed Elisabetta II ha concesso: per la prima volta nella storia una partita si giocherà nei giardini di Buckingham Palace. Dilettanti protagonisti

Dalla regina come a Wembley  Il calcio in casa di Sua maestà

Dalla taverna di Great Queen Street a Buckingham Palace. Lunedì sette di ottobre l'Inghilterra celebra i centocinquanta anni della federazione calcistica, la Football Association, il cui presidente è un nobile, anzi di più: trattasi del duca di Cambridge, sua altezza reale William Arthur Philip Louis, principe del Regno Unito, sposo di Catherine detta Kate, padre di George, figlio di Charles and Diana. Per onorare il gioco più antico e più popolare dell'universo il palazzo reale ha convocato Tony Stones, gestore dello stadio imperiale di Wembley, e lo ha incaricato di individuare, insieme con i giardinieri della real casa, tra i centosessanta ettari che misurano il parco, quei seimila metri quadrati necessari per un campo di football con l'erbetta alta 17 millimetri, non un filo di più per i quali Steve Welch, tosaerba decorato, litigò con Fabio Capello, ex cittì dei leoni d'Inghilterra.

Il campo è già praticamente fatto e qui si aprirà la festa di popolo che ha già avuto il suo aperitivo con l'amichevole tra Inghilterra e Scozia.

Gli inglesi, a differenza degli americani, non abbisognano di cheerleaders, bande musicali in technicolor e pop corn; a differenza degli italiani non debbono convocare ministri, portaborse, prelati, facce di bronzo. Loro scelgono la tradizione, si ricordano che la football association nacque in una taverna, la Freemason's, in una sera di ottobre del milleottocentosessantatrè, dopo che, alcuni giorni prima, il ventisei di ottobre, nel salone di gala del Grand Connaught si misero giù le leggi, le norme, i regolamenti del governo calcistico. Rispettano la forma, giocherebbero ancora con il pallone di cuoio giallo scuro con vescica, valvola e cucitura da ferita lacerocontusa alla fronte degli atleti. La regina Elisabetta ormai è aperta a qualciasi tipo di show, ha partecipato con DoubleOSeven, mister Daniel Craig, al corto sui Giochi Olimpici, sa montare a cavallo e ogni tanto si è fatta notare nella tribuna reale di Wembley per consegnare trofei, coppe, medaglie ai football players. Stavolta ha deciso di portarsi il lavoro a casa, ospiterà due squadre di dilettanti, i più antichi club del regno, il Civil Service football Club, l'unico superstite degli undici fondatori nella taverna Freemason's, e il Polytechnic Football Club, nato dodici anni dopo. Niente star multimilionarie, niente sponsor, niente tatuaggi, fascette fermacapelli, anelli, orecchini, si gioca a calcio e basta e poi alla voce gioielli ci sarebbero quelli della Corona, non so se intendete. Tra l'altro lunedì ricorre anche il centoventesimo anniversario della prima sfida tra il Civil Service e il Poly, evento al quale forse la regina Vittoria potè assistere nel fulgore della sua epoca, dopo aver coperto le gambe dei tavoli e gli elementi dei termosifoni.

Chi si aspetta Beckham e la sua Vittoria, non regina, chi Wayne Rooney o Steve Gerrard, Mourinho o Ferguson dovrà eccitarsi con i dilettanti e veterani, muniti di ginocchiere. Il principe William questo vuole: si è esibito da mediano con la squadra del Castle Rising durante le feste di Natale in occasione di una visita ai poderi di Sandringham e si è ripetuto, insieme con il fratello Harry, in Lesotho. In verità i commenti dei critici e dello stesso principe rispecchiano lo humour inglese: «Mi muovo come una giraffa sul ghiaccio».

A parte la postura goffa, William dimostra di aver capito il sentimento del popolo. Il football britannico muove miliardi ma anche sette milioni di calciatori, quattrocentomila volontari, trecentomila allenatori, ventisettemila arbitri, se non ci fosse stata quella taverna in Great Queen Street non ci sarebbero stati nemmeno sir Bobby Charlton e Billy Wright, Bobby Moore e Gordon Banks, Gascoigne e Beckham.

Ma lunedì tocca alle comparse, ai servitori dell'impero, a quelli che giocano a football e odorano ancora di olio canforato, si portano da casa la borsa con le scarpe e la divisa da gioco, al rientro, le loro madri

o mogli provvedono al giro di lavatrice. Il sole di Londra asciugherà quei panni storici. E se pioverà sarà il volere di sua maestà la regina. Questa è l'Inghilterra. Questo è il gioco del football. Da centocinquantanni.

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