Se lo spione è Obama non è reato

Il capo dell'agenzia Ap lo accusa: "Falso e liberticida". Perché sorveglia tutti. E nessun radical chic si lamenta

Se lo spione è Obama non è reato

Non gli dà del dittatore, ma poco ci manca. E comunque per un Barack Obama arrivato alla Casa Bianca accusando di opacità il proprio predecessore e promettendo quadrienni improntati alla sincerità e e all'assoluta trasparenza è una gran brutta nemesi. Anche perché a regalargli il titolo di peggior nemico della liberta di stampa in 167 anni di storia americana non è, stavolta, uno sfegatato sostenitore del Tea Party, ma Gary Pruitt, ovvero il presidente dell'Associated Press, l'agenzia stampa regina dell'informazione mondiale. Dietro all'attacco all'arma bianca sferrato a Obama durante l'Assemblea dell'Associazione della Stampa Inter Americana non ci sono però le classiche quattro bagatelle in croce. Ci sono la rabbia e il risentimento per l'operazione segreta con cui nel 2012 la National Security Agency passò al setaccio le telefonate, le mail e qualsiasi forma di comunicazione utilizzata da una nutrita schiera di giornalisti dell'agenzia guidata da Pruitt. Una sorveglianza iniziata dopo le rivelazioni dell'Ap su un attentato - organizzato in Yemen da gruppi al qaidisti - destinato a colpire un volo transatlantico diretto negli Usa. Una sorveglianza autorizzata dalla Casa Bianca per capire chi, e come, fosse riuscito a smentire la linea ufficiale - dettata da presidente e servizi di sicurezza - secondo cui non esistevano in quel periodo rischi immediati di attacchi sul suolo americano. A sentir Pruitt l'intercettazione delle comunicazioni dell'Ap non è stata un'operazione chirurgica indirizzata ad un numero ristretto di obbiettivi. É stata, ripete, «una vasta e incontrollata retata a largo spettro che ha colpito le notizie e i giornalisti di Ap molti dei quali assolutamente estranei alla questione».

Gli affondi non si fermano lì. Per Pruitt spingere i cittadini a optare tra una stampa libera e la sicurezza nazionale è «una falsa scelta» capace d'indebolire la democrazia. «Se si volevano incoraggiare i regime autoritari desiderosi di sopprimere i media allora non si poteva studiare un'azione migliore di quella messa a punto dal Dipartimento di Giustizia» - tuona il numero uno dell'Ap sottolineando come solo la presenza di una stampa libera ed indipendente «differenzi la democrazia dalla dittatura e divida la società libera dalla tirannia». Dietro la stilettata ad Obama c'è comunque una attenta scelta del momento e del luogo più congeniali ad una vendetta servita rigorosamente fredda. La pugnalata scatta nel bel mezzo di un' assemblea della stampa americana che riunisce non solo i giornalisti statunitensi, ma anche quelli di tutti paesi dell'America Latina. E per questi ultimi la notizia del giorno, discussa fino ad un attimo prima di ascoltare Pruitt è la rivelazione secondo cui nel 2010 gli spioni della Nsa infilarono i loro nasoni anche nei computer dell'allora presidente del Messico Felipe Calderon e del suo entourage. L'operazione denominata «Flatliquid» è descritta, come gran parte delle rivelazioni emerse nel corso del Datagate, negli incartamenti della talpa Edward Snowden.

E a renderla doppiamente scottante s'aggiungono le rivelazioni dello scorso settembre dalla brasiliana Tv Globo secondo cui, nell'estate 2012, l'Nsa avrebbe tenuto sotto sorveglianza anche l'attuale presidente messicano, al tempo solo candidato, Enrique Pena Neto. E siccome le intercettazioni sono avvenute durante il mandato di un presidente Calderon considerato assai fedele a Washington lo scandalo rischia di avere non poche ripercussioni.

Ripercussioni che Pruitt doveva aver attentamente previsto quando ha deciso di aggiungere anche le sue accuse al coro di proteste che si stanno riversando su un Amministrazione Obama descritta come il Grande Fratello non solo dai nemici, ma anche dagli alleati.

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