Al di là degli elettori della Cdu, c'è più di qualche colletto bianco che domani, a spoglio ultimato, stapperà una bottiglia d'annata e saluterà con un brindisi la probabile vittoria di Angela Merkel. Si tratta del «partito internazionale di frau Angela» a cui aderiscono molte cancellerie continentali, e non solo, a metà strada tra appoggio convinto e convenienza geopolitica.
Indiziata numero uno l'Inghilterra, dove sia per contrastare la freddezza di Hollande, sia per ritorni interni che vede in Farage un avversario ostico, Downingn Street ha scelto di schierarsi pro Angela e contro l'euroscetticismo. Un passo falso della cancelliera darebbe fiato al partito antieuropeo e anti austerità che in Inghilterra ha nell'Ukip una novità insidiosa per i destini di Cameron. Altro tifoso sviscerato di frau Angela è l'olandese Mark Rutte: pur avendo fatto passare in parlamento i «bailout» di Grecia e Portogallo, è contrario, sulla linea della cancelliera, ad altri aiuti ai Paesi inadempienti.
Sponsor di peso è Manuel Barroso: mentre i Piigs affrontavano la crisi economica e le politiche di austerità per superare le criticità di bilancio, la Germania viveva invece una stagione di crescita. Il Presidente della Commissione europea e il suo essere morbido con i Paesi in difficoltà non è stato particolarmente gradito dalla Merkel. Ma lui si è «difeso» sulla stampa tedesca con parole al miele: ha smarcato la Merkel dall'ultrarigore che ha contraddistinto la recente direzione politica dell'Ue, sostenendo pubblicamente che i problemi economici di Francia e Portogallo non sono ascrivibili alla Cancelliera. Battezzandola invece come il leader che meglio di tutti «ha compreso le cause della crisi dell'euro».
Un «oui», seppure a denti stretti, potrebbe essere pronunciato dall'inquilino dell'Eliseo, quel François Hollande che fino a qualche mese fa componeva la «coppia d'Europa» con Angela, anche se qualche dubbio rimane sia perché non è detta l'ultima parola sulla composizione della Grosse Kalition (non è esclusa alleanza CDU-SPD se il centro da solo non dovesse farcela con liberali FDP), sia perché Hollande è in difficoltà per via delle politiche attuate e che gli starebbero suggerendo di tifare SPD in ottica futura. Parigi spinge per bilanci comuni, ma da Berlino resta per il no. Tra i Paesi del vecchio continente la Francia è quella che sta meglio, ma non è immune dall'onda della crisi, tutt'altro. Quindi non vede di buon occhio il rigore merkeliano e oggi potrebbe anche fare il tifo (a bassa voce) per Steinbruck.
Con Barack Obama il rapporto è tutt'ora fragile e, per certi versi, di convenienza. Oggi alleati forzati, pesa non poco la parabola discendente di Obama sullo scacchiere mondiale. Non ancora scemata l'onda polemica del Datagate, con le rivelazioni di Snowden sulle intercettazioni Usa. La Cancelliera ad agosto chiese ufficialmente rispetto tra Stati sovrani. Ma dal canto suo Obama attende tatticamente l'esito delle elezioni tedesche sperando di veder emergere a Berlino un governo in grado di affiancare gli Usa nella crescita, proprio nel triennio presidenziale che resta. Obama infatti mira ad uscire dalla Casa Bianca, nel 2017, lasciando in dote al successore una fase di crescita economica paragonabile a quella dell'ultimo periodo di Clinton. Ragion per cui ha bisogno di alleati come Berlino. Anche se la Merkel aveva più in comune, ideologicamente parlando, con il presidente George W. Bush, lesto a puntare sul suo rifiuto del comunismo.
E in Italia? Patto consolidato con Napolitano per evitare una crisi italiana prima del voto tedesco.
Tra i due si sussurrò anche di una telefonata, nell'ottobre del 2011, per caldeggiare il governo tecnico di Monti. Anche il Professore della Bocconi è un suo elettore, così come l'attuale premier Letta. Ultimo arrivato nella scuderia di Angela è Matteo Renzi, che volò a Berlino per incontrarla lo scorso giugno.twitter@FDepalo
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