"Chi blocca l'Italia non tutela i diritti e buca le gomme alla nostra ripresa"

Intervista all'ad di "Yamamay", Gianluigi Cimmino. "La protesta è solo un'arma politica"

"Chi blocca l'Italia non tutela i diritti e buca le gomme alla nostra ripresa"
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«Lo sciopero? Parliamone, mi interessa sia come imprenditore che come cittadino. Come cittadino, per dire, sto cercando di raggiungere Lecce per un appuntamento di lavoro e ho cambiato appena tre volte i miei programmi nelle ultime 24 ore». Gianluigi Cimmino, Ad di Yamamay, Carpisa e della catena di ristoranti «Sophia Loren», risponde al Giornale per parlare della protesta in atto mentre, a Milano, è immerso nel problema e cerca un modo per raggiungere l'aeroporto e da lì la Puglia. «Mi sembra che lo sciopero non sia più un diritto in difesa dei lavoratori attacca - ma è diventato un'arma politica, e quindi in quanto tale viene utilizzata per bloccare il Paese in un momento in cui non andrebbe bloccato».

Perché?

«Perché siamo sotto Natale, è il momento dei consumi, il momento in cui la maggior parte delle aziende e delle imprese si gioca l'anno. E questo sciopero provoca enorme disagio non solo ai consumatori ma anche a chi deve andare a lavorare, che ormai è esasperato da 10 settimane di scioperi continui di venerdì. Non tutti possono fare il ponte, c'è anche chi è atteso sul posto di lavoro e così per poterlo raggiungere con qualunque mezzo si sveglia magari la mattina alle tre».

Insomma, la paralisi del Paese non è una medicina. Ma ci sono le istanze dei lavoratori.

«Le recriminazioni dei lavoratori sono sacrosante, ma vanno ascoltate su altri tavoli, e non utilizzate per bloccare il Paese. Andrebbero fatte valere semmai con uno sciopero esercitato senza calpestare i diritti degli altri cittadini. È indubbio che in questo momento i lavoratori, di qualunque classe e appartenenza, abbiano delle giuste rimostranze, la prima delle quali è che gli stipendi devono crescere. Ma per far crescere gli stipendi deve crescere il Paese, dobbiamo pagare il debito, rispettare gli obiettivi di crescita, e non è che bloccando il Paese tutto questo si avvera».

Se si sgonfiano le gomme alla macchina, è complicato pretendere che ti porti lontano

«Esatto, e peraltro a me sembra che ci sia la volontà di bucarle, le gomme, non solo di sgonfiarle».

Ritiene che i sindacati stiano utilizzando il malcontento dei lavoratori per farne uno strumento di contrasto politico più che sindacale?

«Io non lo so dove stavano i sindacati in tutte le grandi vertenze di questo Paese, a partire da Stellantis. Non so dov'erano. Adesso so dove sono i sindacati: in una posizione che è sempre più politica e sempre meno in difesa dei diritti dei lavoratori. Quindi se è ovvio che il ruolo dei sindacati, in qualsiasi democrazia e in qualunque sistema fondato sul lavoro, è imprescindibile, questo deve essere esercitato a tutela del lavoratore, e non per bloccare altri lavoratori o l'economia del Paese».

Come procede il viaggio per Lecce?

«Mentre parliamo ci sto provando. Tutti a fine anno, lavoratori autonomi e non, ci muoviamo un po' di più per cercare di mettere insieme un po' di appuntamenti di lavoro. Io dovevo scendere in treno perché dovevo farmi una serie di incontri in un po' di regioni, poi ho cancellato. Ora dovrei scendere in aereo alle 14 e poi risalirò in autoinsomma, è faticoso. Ognuno poi ha i suoi problemi quotidiani. Ecco, per esempio, ora sono arrivato alla metropolitana, che dicevano essere aperta, e invece è chiusa benissimo».

Visto il periodo, che ne pensa dell'iniziativa di Salvini che aveva deciso la precettazione, prima che il Tar sospendesse l'ordinanza?

«Ovviamente la ritenevo sensata. Uno lo sciopero può farlo anche in 4 ore invece che in 24, ci si può far sentire ugualmente. Quale persona di buon senso potrebbe pensare il contrario?».

A quanto pare il Tar del Lazio, anche se magari di fronte a un totem come il diritto di sciopero hanno preferito risparmiarsi le polemiche

«Eh sì, qualunque diritto è sacrosanto

purché non calpesti i diritti altrui, o almeno questa è la mia filosofia di vita. Se poi un diritto diventa un modo per calpestare i diritti altrui, evidentemente almeno in quei termini non dovrebbe più essere esercitabile».

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