Niente accordo sulla finanziaria, l'America è bloccata. Il muro contro muro tra repubblicani e Casa Bianca (soprattutto sulla riforma sanitaria) alla fine ha prevalso. Tecnicamente si chiama shutdown: l’amministrazione è costretta a tagliare i servizi per la mancata approvazione del bilancio federale. La paralisi comporta la parziale chiusura delle agenzie governative. Ottocentomila dipendenti pubblici (su un totale di 2 milioni) rischiano il posto, con un costo all’erario di oltre un miliardo di dollari. L’ultima volta che si era presentata una situazione simile era nel 1996, sotto l’amministrazione di Bill Clinton. Obama ha firmato un provvedimento che assicura che i militari dell’Esercito in servizio attivo e della Guardia Costiera continuino a essere pagati anche durante lo shutdown. Qualche minuto prima della mezzanotte, l’Office of Management and Budget della Casa Bianca aveva emesso una nota rivolta alle agenzie federali per chiedere l’avvio delle procedure per "l’esecuzione dei piani per sospendere in modo ordinato le loro attività". "Sfortunatamente non abbiamo chiare indicazioni che il Congresso possa agire in tempo perché il presidente possa firmare una risluzione di prosecuzione entro la fine del giorno primo ottobre 2013", si legge in un memorandum diffuso dall’ufficio Gestione e bilancio della presidenza americana. "Questo è un giorno molto triste per il nostro Paese", ha commentato il democratico Harry Reid, leader della maggioranza al Senato, che ha bollato come "anarchici" i repubblicani che hanno impedito l’approvazione del bilancio alla Camera. Nancy Pelosi, capogruppo democratico alla Camera, ha ribadito lo stesso concetto: "È un giorno davvero triste nella storia del Congresso".
La rabbia di Obama
"Malauguratamente - ha detto il presidente in un video realizzato dalla Casa Bianca per i militari - il Congresso non ha adempiuto le proprie responsabilità. Non è stato capace di approvare un bilancio e, come risultato, gran parte della nostra amministrazione adesso deve chiudere, fino a quando il Parlamento non tornerà a finanziarla". Obama ha promulgato norme di emergenza che permetteranno il pagamento dei salari per i militari che, ha sottolineato, continueranno il loro normale stato di servizio. "Garantiremo che abbiate ciò di cui avete bisogno per completare le vostre missioni. Le minacce alla nostra sicurezza nazionale non sono cambiate, e ci occorre che siate pronti per qualsiasi evenienza". Diverso, ha quindi avvertito il presidente, il discorso per quanto riguarda il personale civile delle Forze Armate, specie per quello adibito a mansioni non essenziali: in gran parte, infatti, non potrà essere più pagato. "So che i giorni a venire potrebbero significare una maggiore incertezza, ivi compresi possibili congedi", ha ammesso, "e so che questo arriva subito dopo i licenziamenti che molto tra voi hanno già dovuto sopportare in estate. Voi e le vostre famiglie", ha puntualizzato Obama, "meritate di meglio rispetto ai malfunzionamenti cui abbiamo assistito in Congresso. Continuerò ad attivarmi affinchè lo stesso Congresso faccia riaprire il nostro governo il più presto possibile, e vi faccia ritornare al lavoro quanto prima". Più tardi il presidente, rivolgendosi ai dipendenti pubblici, ha detto: "Lo shutdown. Troppo spesso venite trattati come un punching ball".
Cosa succede ora
Il direttore del Bilancio della Casa Bianca, Sylvia Mathews Burwell, ha detto che non è chiaro quanto a lungo potrà o dovrà protrarsi lo shutdown (l'ultima volta, nel 1996, durò 22 giorni). Burwell ha sollecitato il Congresso ad approvare al più presto un bilancio di esercizio provvisorio, onde permettere ai ministeri di riprendere a funzionare per il resto dell’anno fiscale, e ripristinare l’operatività dei servizi e dei programmi pubblici essenziali. Entro il 17 ottobre il Congresso dovrà approvare la manovra di innalzamento. In caso contrario oltre al blocco (shutdown) l'America rischia il default. Ovvio che nessuno ha interesse a tirare la corda fino a farla spezzare. Bisogna vedere quale sarà il punto d'incontro tra democratici e repubblicani.
Braccio di ferro sulla riforma sanitaria
Si è arrivati alla rottura - e quindi allo shutdown - perché i deputati repubblicani vicini al Tea Party hanno preteso, in cambio del finanziamento del governo, il rinvio di un anno dell’entrata in vigore della riforma della Sanità. Tutto liscio alla Camera, dove lo speaker repubblicano, John Boehner, si è espresso a favore della nomina di un negoziatore. Ma Reid, leader democratico al Senato, non ha voluto saperne di escludere Obamacare, uno dei punti principali dell’azione di governo del presidente, e ha rimandato indietro la bozza. E così si è consumata l’ultima e più drammatica puntata della battaglia dei repubblicani contro la riforma sanitaria, che proprio da oggi diventa in gran parte operativa: molti cittadini americani potranno sottoscrivere un’assicurazione sanitaria che sarà attiva dal primo gennaio 2014 e che garantirà la copertura a 34 milioni di americani che in passato non potevano permettersene una. La legge approvata nel marzo 2010 sta entrando in vigore a scadenze scaglionate: quella di oggi riguarda la copertura assicurativa, ma altre parti entreranno in vigore da qui al 2020.
Le reazioni dei repubblicani
Lo shutdown è un passaggio molto delicato per l’economia e la vita quotidiana degli americani. Non è quindi un caso che cinque tra i candidati repubblicani più in vista per la nomination del 2016 non abbiano detto praticamente nulla circa la quasi certa "chiusura" dello Stato federale. Come sottolinea Politico.
com, leader come Chris Christie, Ron Paul, Marco Rubio, Bobby Jindal e Scott Walker da giorni non affrontano il tema, evitando con cura. E da registrare c'è anche il tentativo in extremis di una pattuglia di 25 repubblicani moderati di evitare lo shutdown, sfidando apertamente i vertici del partito.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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