Modello Vestager. La strada europea contraria a Draghi

Margrethe Vestager, commissario europeo alla Concorrenza, pur essendo in scadenza di mandato resta un pezzo da novanta della Ue

Modello Vestager. La strada europea contraria a Draghi
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Margrethe Vestager, commissario europeo alla Concorrenza, pur essendo in scadenza di mandato resta un pezzo da novanta della Ue. Una delle figure più influenti del potere comunitario. È stata lei, ieri, a rispondere, pur indirettamente a Mario Draghi ed Enrico Letta, i due ex premier italiani entrambi incaricati dalla stessa Commissione in cui siede Vestager di studiare ricette di governance e di mercato per rendere più forte l'Unione Europea nei nuovi scenari mondiali, economici e geopolitici. Ricette che a Vestager non sono piaciute.

Non si possono interpretare diversamente le parole con le quali il commissario danese ha difeso le sue idee sulle grandi fusioni industriali e finanziarie, fin qui orientate prima di tutto a evitare concentrazioni e posizioni dominanti, nella convinzione che questo sia l'unico modo per far crescere imprese forti nell'interesse dei consumatori. In questa chiave, tanto per fare un esempio attuale, Vestager è colei che tiene in stallo da un anno la fusione Ita-Lufthansa. «L'applicazione del regolamento sulle fusioni - ha detto Vestager - pone le basi per l'ascesa delle imprese europee e per la loro affermazione nei rispettivi settori. Un controllo efficace di queste non ostacola un consolidamento che favorisca la concorrenza». Mentre è sua convinzione che «non si promuove la competitività abbandonandola all'interno della Ue nella speranza che i monopoli europei possano competere meglio con i concorrenti al di fuori dell'Unione».

Vestager ha fatto questi commenti all'indomani della presentazione del manifesto per l'Europa in cui Draghi ha sollecitato un cambio di passo della governance europea, anche facendo ampio ricorso alla cooperazione rafforzata, e Letta ha indicato in particolare i settori strategici di trasporti, comunicazioni e commercio come punti deboli. Arrivando all'esempio che ha forse più colpito l'orgoglio di Vestager: quello dei 100 gestori telefonici che nella Ue si dividono il mercato dei 27 paesi membri, contro i tre di tutti gli Stati Uniti.

L'impressione è che in questa contrapposizione si annidi uno dei grandi temi dell'Europa che verrà. E che dovrà uscire dalle urne dell'8-9 giugno. Da una parte la tradizionale impostazione antitrust di stampo anglosassone del secolo scorso, dall'altra la realtà di un tempo in cui l'Europa deve decidere se competere ad armi pari con Cina e Usa o restare residuale. Vestager difende il totem della concorrenza, che ha le sue radici proprio in quegli Usa che però, negli ultimi vent'anni, hanno visto nascere colossi come Google, Amazon o Meta. Questo dovrebbe far riflettere. È attraverso le dimensioni che l'America ha mantenuto il primato della tecnologia, applicandolo in ogni campo, a cominciare dalla difesa e dalla sicurezza nazionale. Non è un caso che le due economie, Ue e Usa, nel 1996 valevano entrambe intorno agli 8mila miliardi di dollari di prodotto lordo. Mentre un quarto di secolo dopo, nel 2022, gli Usa sono cresciuti il 25% di più dell'Europa.

Ecco perché un manifesto come quello di Draghi o le considerazioni del rapporto Letta non deve spaventare i

paladini del mercato. È arrivato il momento di riscrivere la scala delle priorità. E di conseguenza anche quella dei costi necessari per raggiungerle. Il manifesto di Draghi per la «Nuova Europa» apre proprio questa strada.

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