"Mandiamo una nave contro l'Italia...". Sea Watch torna a sfidare la Meloni

Proclamano lo sbarco in Europa dei migranti, sfidano il governo italiano e quello tedesco: Ong senza più controllo all'accatto dell'Unione europea

"Mandiamo una nave contro l'Italia...". Sea Watch torna a sfidare la Meloni
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La Ong Sea Watch si prepara a operare nel Mediterraneo con una nuova nave, la più grande al servizio della flotta civile, la Sea Watch 5. Da qualche settimana si trova nei cantieri spagnoli e nelle prossime ore dovrebbe prendere il mare per dirigersi nel Mediterraneo centrale con l'obiettivo dichiarato di sfidare il governo italiano. Una contraddizione in termini se si considera che le Ong sbandierano di avere solo fini umanitari per le loro missioni. Ovviamente, come è stato più e più volte dimostrato, gli equipaggi di queste navi usano la questione migratoria per far politica attiva e nel corso del tempo sono diventate il "braccio armato" della sinistra europea che professa il movimento libero e senza confini delle persone.

La dichiarazione di intenti di Sea Watch nel suo ultimo proclama, che sembra più un manifesto politico che l'annuncio di una nuova missione, è illuminante in tal senso: "Stiamo inviando una nave contro le politiche migratorie di estrema destra dell'Italia, contro gli attacchi all'asilo e ai diritti umani da parte dell'UE e contro i tentativi di criminalizzazione da parte del governo tedesco. Ma soprattutto la Sea-Watch 5 difenderà il diritto alla vita". Davanti a queste parole è difficile continuare a credere alla narrazione, fin qui imposta, che le organizzazioni e gli equipaggi dietro queste navi si muovano solamente per scopi umanitari. La sfida lanciata all'Italia è chiara, così come quella alla Germania che sta tentando di effettuare una stretta sul contrabbando.

Le Ong pretendono di muoversi in Europa al di sopra di ogni legge, invocando un non chiaro diritto di asilo degli africani all'interno dei confini dell'Unione europea. Il diritto internazionale propone l'opzione di avanzare domanda di asilo in un Paese sicuro ma non impone che questo sia necessariamente parte dell'Unione europea. Il sistema di traghettamento dei migranti recuperati in mare verso l'Europa, per altro, sfrutta una lacuna nel diritto internazionale, che in termini di salvataggio in mare è stato redatto per i casi di incidenti e non per quelli in cui le persone si mettano volontariamente in pericolo. Le Ong cercano di imporre l'ideologia no-border usando i migranti come "cavallo di Troia" contro le politiche europee e l'ultimo manifesto ne è la dimostrazione.

La nuova nave che la Ong tedesca sta portando nel Mediterraneo, e che nelle prossime settimane sbarcherà con ogni probabilità in Italia, ha una capienza a bordo di 500 persone, oltre all'equipaggio. Considerando che in Italia col decreto Piantedosi è fatto obbligo a queste navi di rientrare in porto dopo il primo intervento, qual è la convenienza per Sea Watch di mettere in mare un'imbarcazione di questa stazza? Sicuramente sfiderà il decreto effettuando più interventi e verrà bloccata in porto per 20 giorni, come da prassi, ma il dispositivo del ministero dell'Interno prevede sanzioni più stringenti in caso di violazioni ripetute. Sanzioni che finora non sono state applicate ma che, davanti alla dichiarata sfida da parte dell'organizzazione tedesca, è auspicabile vengano adottate per mantenere la sovranità del Paese.

Anche perché la sfida della Ong tedesca è chiara: "Sea-Watch 5 è pronta a salvare vite umane e a riportarle in sicurezza a terra in Europa".

Non più un porto sicuro ma "Europa", scrivono dall'organizzazione, che per questa nuova imbarcazione ha ricevuto "generose donazioni" dalla lotteria statale dei codici postali, quindi finanziamento pubblico tedesco, e da United4Rescue, associazione di Ong finanziata dal parlamento. Se ancora c'erano dubbi su come agiscono queste organizzazioni, l'ultimo proclama di Sea Watch li ha spazzati tutti, togliendo la maschera sui veri obiettivi.

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