Fabrizi: «Mps non può essere preda»

Il dg Tonini: «Il tre aprile le linee guida del piano. Nessun dossier su Fidis»

Massimo Restelli

da Milano

I lacci della politica hanno finora imbrigliato le chance di crescita di Mps che deve però porsi come soggetto «aggregante» così da preservare la propria indipendenza strategica. È il «grande rimpianto» per la mancata acquisizione di Bnl a distinguere il commiato del presidente Pier Luigi Fabrizi che ieri, insieme al direttore generale Emilio Tonini, ha illustrato alla comunità finanziaria i risultati del 2005: l’utile netto è migliorato del 42,4% a 790 milioni a fronte di un dividendo di 0,13 euro (più 51,4%) e di una raccolta diretta da 87,6 miliardi. A conti fatti Mps si prepara quindi a riversare 200 milioni di cedola nelle casse della Fondazione Mps (49% del capitale) di Giuseppe Mussari, con cui Fabrizi ha ingaggiato un lungo braccio di ferro sul futuro della banca.
«Le discussioni in atto a Siena» sul rinnovo del Cda hanno «un sapore fortemente politico», ha scandito il banchiere sottolineando il proprio ruolo di «tecnico» approdato al vertice di Mps quando «c’era maggiore disponibilità alla dialettica, al confronto delle idee e si parlava molto di più di progetti strategici». Nelle parole di Fabrizi non c’è alcun accenno diretto ma sullo sfondo restano i paletti posti da Mussari alla fallita fusione con Bnl. Scelta che ha provocato quel mancato salto dimensionale che Fabrizi ha giudicato «un problema» respingendo subito ogni responsabilità da parte di Mps: «Quando c’è stato il sacco non c’è stata la farina».
Nei giorni scorsi il Monte aveva rilanciato l’idea di guardare a gruppi di media dimensione (le banche d’affari hanno studiato le potenziali sinergie con Bpi e Bper) ma al momento non c’è «alcun dossier sul tavolo» e tutto è rimandato al prossimo board. Stesso copione per il piano industriale 2007-09, di cui il 3 aprile saranno approvate le sole «linee guida». In quell’occasione le leve di comando della banca potrebbero essere sul punto di passare nelle mani di Mussari, ma tra i papabili c’è anche il vice Gabriello Mancini, che è apparso più propenso a valutare un’aggregazione con pesi massimi del calibro di Banca Intesa o Sanpaolo.
Quella attuale è quindi una situazione transitoria che sembra riflettersi nei rapporti con la galassia Unipol-Holmo. Dopo aver «escluso» un’uscita da Finsoe, Tonini ha ipotizzato «una proroga» degli accordi in attesa di capire i rapporti di Bologna con Paribas. Il direttore generale di Mps si è anche mostrato convinto dell’opportunità di mantenere l’1,6% di Generali («un investimento finanziario di medio termine») così come della crescita nel credito al consumo anche se è difficile individuare prede.

Non è invece stato aperto alcun fascicolo su Fidis (la società finanziaria della Fiat) o sul riassetto della cassaforte bresciana Hopa. Dove Mps (+1,6% in Borsa) non è a conoscenza di alcun progetto sul passaggio alle banche azioniste della quota detenuta in Olimpia: la scatola societaria a monte della catena di controllo Telecom.

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