Fannulloni ai remi

Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Confindustria, è stato molto chiaro in un suo intervento dell’altro giorno. «L’Italia - ha detto - è una barca in cui una parte rema mentre l’altra è seduta a poppa, ringrazia, non produce, e succhia le ruote di chi rema. Ci sono troppi fannulloni». Significativo è che questa diagnosi impietosa sia stata spiattellata all’inaugurazione della scuola superiore di amministrazione del ministero dell’Interno: ossia in una fucina di futuri grand commis pubblici. Dalla gente comune spesso indicati, a torto o a ragione, come condottieri del grande esercito dei pelandroni.
Montezemolo ha ragione. Così come avevano ragione, in altri momenti, Silvio Berlusconi e con lui gli appartenenti alla vil razza dannata di chi vuole meno Stato, meno vincoli cartacei, e maggiore iniziativa individuale. Bollati - questi negatori dello Stato mamma e del cittadino bebè - come reazionari ostili al progresso e all’equità sociale per aver evidenziato il problema, molto acuto, della zavorra nullafacente, che, soprattutto nel pubblico ma anche nel privato, rallenta la navigazione della barca Italia, e quasi vanifica, per rimanere alla similitudine di Montezemolo, la fatica dei vogatori. Sì, esiste in Italia una questione fancazzismo (perdonate il termine piuttosto volgare, che tuttavia è incisivo).
Non se ne esce tuttavia - se mai se ne uscirà, del che è lecito dubitare - opponendo a queste considerazioni magari prive d’afflato ideale ma sensate, dei no retorici o dei luoghi comuni buonisti. Il ministro Paolo Ferrero ha subito dichiarato che quelle di Montezemolo sono «affermazioni fuori luogo». Convinto com’è, il ministro, che con affermazioni in luogo sia possibile indurre i fanigottoni - altro termine plebeo, di stampo lombardo, anch’esso efficace - a darsi un po’ da fare. Scontata la resistenza del capo della Cisl Raffaele Bonanni, che poche sere or sono ho sentito negare in televisione che l’amministrazione rifiuti, soprattutto per le pressioni sindacali, la meritocrazia e i suoi strumenti. Secondo Bonanni ci sono eccome, questi strumenti, nel «pubblico». Risulta infatti che sono stati fissati incentivi economici per i migliori dirigenti dell’amministrazione dello Stato: e che è risultato, dopo attento studio, che tutti i 3mila e passa dirigenti in questione, nessuno escluso, avevano diritto a quel riconoscimento.
C’è chi ha ironizzato sull’atteggiamento pedagogico di Montezemolo, ricordando che anche gli industriali hanno i loro peccatucci o peccati o peccatoni per l’andazzo nazionale. Mi dichiaro assolutamente d’accordo. La categoria imprenditoriale ha commesso errori, anche gravi, per chiusure corporative e per lassismi etici. Ma con questo eterno gioco del «prima che delle mie colpe parliamo delle tue» non si arriva da nessuna parte.
L’Italia ha bisogno di cambiare marcia, e invece la cura attualmente proposta consiste nell’imporre nuove tasse a chi lavora, e nel non far nulla perché lavorino i fannulloni. Prendiamo ad esempio il caso precari. Tra questi vi sono certamente molti eccellenti lavoratori che gioveranno all’amministrazione o a qualsiasi attività in cui siano inseriti il giorno in cui avranno il posto stabile, ma ci sono anche parecchi svogliati aspiranti non a un lavoro ma a un posto - la differenza è sostanziale - e quel posto pretendono di averlo in regalo senza un esame serio della loro capacità.
Non è che la politica, con i suoi costi spropositati e con le sue dilapidazioni insensate, dia un buon esempio ai cittadini operosi. Deve dunque essere diverso anche il messaggio che il Palazzo manda al Paese.

Al quale oggi come oggi arriva un messaggio di repressione fiscale contro chi si dà da fare e di generica, sbadata indulgenza verso chi poltrisce. Anche i fannulloni ai remi, questo vogliamo, e non mi pare che chiediamo troppo.

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