Svolta per il tumore alla prostata: addio bisturi e radioterapia, cosa cambia

Grazie alla rete di sorveglianza attiva, si possono evitare interventi chirurguci e radioterapia nei pazienti con tumore alla prostata a basso rischio: ecco cosa dice lo studio

Svolta per il tumore alla prostata: addio bisturi e radioterapia, cosa cambia
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Si tratta di una vera e propria svolta sui tumori alla prostata a basso rischio per i quali non sarà più necessario l'intervento chirurgico e neanche la radioterapia: la notizia è stata data dalla Rete oncologica di Piemonte e Valle d'Aosta con lo studio coordinato dall'Epidemiologia clinica del Cpo (Centro di riferimento per l'epidemiologia e la prevenzione oncologica del Piemonte) della Città della Salute di Torino.

I risultati dello studio Start

Nel dettaglio, 904 pazienti con una diagnosi di tumore alla prostata a basso rischio sono stati seguiti per tanti anni dal 2015 al 2021: a loro è stata data la possibilità di scegliere le cure tradizionali con chemio e radio ma anche la cosiddetta "sorveglianza attiva", ossia check periodici con analisi, controlli di laboratorio, controlli clinici ed esami strumentali. È emerso che oltre l'80% di essi ha scelto quest'ultima opzione con lo studio che ha dimostrato le stesse identiche possibilità di sopravvivere al tumore dopo cinque anni dalla diagnosi.

Cos'è la sorveglianza attiva

In poche parole, se il paziente non si ammala ma rimane ad uno stadio di tumore alla prostata iniziale (per questo motivo si chiama a basso rischio), può evitare un trattamento radicale come radio e chemioterapia per molti anni pur con una sorveglianza a intervalli regolari del suo stadio di salute. Se non si aggrava, quindi, la qualità di vita migliora perché si riducono le conseguenze negative dei trattamenti più invasivi che portano a un peggioramento della vita sessuale ma anche dell'area intestinale e urinaria. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Jama Network.

Il compito degli specialisti

"La sorveglianza attiva ha risultati rassicuranti a lungo termine confermati da studi randomizzati che non hanno mostrato effetti benefici dei trattamenti radicali immediati sulla sopravvivenza globale", spiegano i ricercatori. Il protocollo Start è stato sviluppato da un gruppo multidisciplinare di specialisti composti da urologi, radioterapisti, patologi, oncologi, epidemiologi. Gli specialisti di ogni settore hanno richiesto una revisione indipendente e centralizzata delle biopsie al momento della diagnosi così da migliorare l'interpretazione delle diagnosi borderline e più complesse.

I pazienti che hanno scelto di affidarsi alla sorveglianza attiva, tra gli altri esami, hanno effettuato valutazioni cliniche e biopsie ripetute a 12 e 48 mesi dalla diagnosi di tumore alla prostata. È chiaro che nonostante la strada intrapresa sarebbero potuti passare "al trattamento attivo in qualsiasi momento, a seconda della scelta del paziente, o se veniva loro consigliato di farlo a causa del peggioramento dei parametri clinici", spiegano gli studiosi.

"Lo studio di coorte Start rappresenta un prezioso contributo alle prove sulla sorveglianza attiva e un esempio di come la ricerca pragmatica, integrata nella pratica clinica, può promuovere miglioramenti della qualità dell’assistenza sanitaria", hanno concluso gli esperti.

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