"Il Fatto quotidiano", fanno lo scoop e poi si spaventano

L’autosmentita è una novi­tà nel genere giornalistico. Il Fat­to è un quotidiano nuovo e si ve­de che ama sperimentare. Ieri ne ha escogitata una davvero forte: fare uno scoop e contemporane­amente denunciarlo come bufa­la. Un capolavoro. Si sono autoin­sabbiati, dopo essersi evidente­mente accorti di essere vittime di dossier autoprodotti. Solo co­sì si spiega la titolazione schizo­frenica del quotidiano andato in edicola ieri mattina, con l’intervi­sta - cercata invano da tutti i gior­nali - al famigerato ministro del­la Giustizia di Saint Lucia che confermava la veridicità della let­tera su Tulliani, e poi però i titoli e gli editoriali che si autosfotteva­no parlando di «lettera-patac­ca ». Cosa ancora più incredibile, il silenzio assoluto ad Annozero di Marco Travaglio, che avrebbe potuto annunciare in diretta le notizie esclusive in mano al suo (ha pure una quota) giornale, fa­cendo un promo formidabile del Fatto , utile anche, tra l’altro, ad informare gli ospiti del talk sulla novità in suo possesso. Niente. Trattasi di sdoppiamento di per­sonalità giornalistica, sindrome di cui possono soffrire colleghi come quelli del Fatto , ferrati nel­l’inchiesta giornalistica ma in dif­ficoltà quando gli strumenti del mestiere portano alla luce ele­menti che non colpiscono il dete­stato Cav, ma magari vadano di­sgraziatamente in suo soccorso. È esattamente il caso della let­tera di Rudolph Francis, il mini­stro caraibico. Che alla seconda domanda in mezzo al pezzo di Marco Lillo risponde che quel documento «è vero», «sì, sì» quel che c’è scritto lì dentro è confer­mato. Peccato che il titolo del pezzo-intervista si rifugi in un im­barazzatissimo e generico «Casa di Montecarlo, è sempre più gial­lo ». Ma perché sarebbe sempre più giallo, se dentro dici che il giallo è risolto? Brutti momenti per i giornalisti antiberlusconia­ni per partito preso, anche se toc­ca difendere una tesi smentita dal proprio lavoro. Con effetti surreali. Come quello di vedere il pezzo con la rivelazione anti­patacca del ministro di Saint Lu­cia circondato da pezzi che inve­ce sostengono la tesi della patac­ca, della bufala (come sostiene nell’intervista a fianco la debolis­sima Flavia Perina). Nelle pagi­ne è tutto un «fango», «bufala», «manine di servizi segreti», «dos­sieraggi » e via così. Ma il culmine della doppiezza (ma li capiamo, poveracci) è in prima pagina. L’apertura del Fat­to , che ha in mano la notizia del giorno, non è sulla notizia del giorno ma è un paraculissimo «La guerra della patacca». Nel ca­tenaccio, cioè nel testo di illustra­zione del titolo, il capolavoro. Dunque, si dà conto del fatto che «il ministro di Saint Lucia dice che “il documento sulla casa di Tulliani è vero”», ma a quel pun­to occorre una smentita impossi­bile. La soluzione dei titolisti del Fatto è questa: attribuire la smen­tita del proprio scoop ai finiani, che manco lo sanno quel che ha detto il ministro caraibico, visto che Il Fatto non è ancora in edico­la. E quindi si tira il freno a mano, maldestramente, così: «Ma i fi­niani accusano: “ È un falso di am­bienti vicini al premier”». Per arrivare poi ai due editoria­li, di Peter Gomez (che di inchie­ste se ne intende) e di Travaglio (idem). Gomez però fa yoga con le parole e riesce a sostenere, in uno stesso pezzo, che la dichiara­zione di autenticità del ministro non comporta l’autenticità di quanto dichiarato dal ministro. Una contorsione logica pur di non ammettere il fatto (ma non è da lì che ha preso il nome il quoti­diano?) raccontato da loro stes­si.

Travaglio invece parte come un Eurostar in difesa di Tulliani, una povera vittima del fango ber­lusconiano. « Il Giornale è l’inser­to umoristico di Libero , o vicever­sa », sbeffeggia spesso Travaglio. Niente, tuttavia, in confronto al Fatto . Che è riuscito ad essere l’inserto umoristico di se stesso.

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