Federalismo, la Lega frena per il sì dei Comuni: il decreto rinviato dal Cdm per una settimana

Bossi disposto a prendere tempo per limare il testo e a rimandare di qualche giorno il voto in bicamerale previsto il 26 gennaio. E alla Camera nasce il gruppo dei Responsabili: "Siamo 21, fedeli anche in caso di elezioni"

Federalismo, la Lega frena per il sì dei Comuni: 
il decreto rinviato dal Cdm per una settimana

Roma - L’opposizione chiede un rinvio, per prendere tempo (e disinnescare la bomba elezioni anticipate), sia sui termini del decreto sul federalismo municipale ora in esame, sia sui tempi complessivi di tutto il pacchetto sul federalismo fiscale. Mentre sul secondo punto la Lega è irremovibile, sul primo i margini ci sono, parola di Bossi: «Daremo qualche giorno in più». Calderoli porterà oggi in Consiglio dei ministri il dossier sul federalismo, e ha aperto al piccolo slittamento, «purché non sia una scusa per tirare in lungo i tempi». Si tratta di prolungare di qualche giorno (ma quanti?) il voto in bicamerale sul quarto decreto del federalismo fiscale, previsto per il 26 gennaio. Il tempo serve, anche alla Lega, per limare ulteriormente il testo, che è stato già modificato e ripresentato, ma che è stato accolto in modo negativo ieri sia da Terzo polo e Pd, sia dall’Anci, l’associazione dei Comuni guidata dal piddino Chiamparino.
La parola d’ordine della Lega rimane sempre «federalismo o morte», che vuol dire «il voto», linea uscita dall’incontro tra il capo leghista e il premier. Il capogruppo al Senato Federico Bricolo insiste sull’ultimatum dopo lo stop del Terzo polo («se salta il federalismo si va a votare»), però Bossi si dice stra-ottimista sull’esito parlamentare del decreto sul fisco comunale («passa al 100%»). La lista di emendamenti presentata dai sindaci, in effetti, non è una bocciatura definitiva del decreto ma uno schema di modifica sottoscritto anche da primi cittadini di centrodestra (tra cui importanti sindaci della Lega come Attilio Fontana, di Varese). Questo vuol dire che Calderoli può procedere sulla strada già seguita nelle ultime settimane, di una collaborazione con gli enti locali per la scrittura di un testo il più possibile condiviso dai sindaci. Con la benedizione di Tremonti che commenta: «Continua la discussione con Chiamparino, cosa che vedo assolutamente positiva».
Ma che risvolti politici avrebbe questo sul voto di settimana prossima? Semplice, il rappresentante dei sindaci, Sergio Chiamparino, è anche un importante esponente del Pd, che ha ben dieci voti in commissione. Se Chiamparino licenziasse il testo, che farebbe il Pd poi? Voterebbe contro, provocando l’ennesima frattura interna, con effetti devastanti sulla campagna elettorale di Fassino a Torino? È un problema concreto, e per questo il centrodestra punta a una astensione del Pd, una volta accontentati i sindaci.
Non che sia semplice, anzi. L’altra strada punta sul voto di Baldassarri, senatore del Fli, che ha sollevato alcuni rilievi «che sono senz’altro ragionevoli - spiega Paolo Franco, Lega, vicepresidente della commissione - Noi già abbiamo accolto le richieste di modifica, se poi c’è una pregiudiziale politica allora si assumano la responsabilità per quel che succederà dopo». Ma i finiani sembrano fermi sul no. Così per ora i numeri danno una teorica parità 15-15, con esiti imprevedibili, anche se la Lega parla di voto immediato. La road map di Pdl-Lega per la seconda parte della legislatura è già segnata, e anche Bossi andrebbe volentieri avanti. Ma forse si può ricucire prima di evitare di imboccare la via del non ritorno.

Secondo La Loggia, presidente della bicameralina, «i tempi ci sono per poter fare un ottimo lavoro. La valutazione (su un eventuale slittamento, ndr) la deve fare il governo», che si riunisce oggi. Una via d’uscita, nella Lega, sono abbastanza sicuri di trovarla.

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