La faccia da funerale di Ciro Ferrara non è un annuncio di divorzio, ma soltanto l’effetto del logorio del calcio moderno. Ed anche l’effetto Juve. «Conosco questo mondo e so che servono i risultati. Sennò non c’è fiducia che tenga». Riassunto così, il futuro suo e della Juve, è quanto mai pratico. Ripartenza con il Parma, che vorrebbe dire: prendiamo tutti in contropiede. Buona l’idea, difficile identificarne la riuscita. La Juve ricomincia con il suo carico di sapori e dolori. Sei partite, cinque sconfitte: se non è un incubo, poco ci manca. C’è Hiddink alla porta? Ferrara preferisce non pensarci, tanto tocca agli altri dire l’ultima parola. Abbozza: «Non è l’unico nome venuto fuori. Non mi faccio condizionare, sono tranquillo. E non sento nemmeno una fiducia a tempo».
Povero Ciro, sfiora i sentieri dell’ovvio, pur sapendo di rischiare il trabocchetto ad ogni passo. Su Parma c’è pericolo neve, sulla Juve il pericolo Parma (potrebbe soffiarle il terzo posto), sulla panca tutti i pericoli del mondo del pallone, compresi quelli della scaramanzia. Non fu, forse, contro il Parma che Lippi, seduto sulla panca, si prese uno sberlone notturno e fu la fine? «Se il problema di questa squadra sono io, allora mi dimetto», disse pensando di esser accolto da una sequenza di nooo!!!! Invece i dirigenti lo presero sul serio, forse più di quanto si immaginasse. «Prego si accomodi». E arrivò Ancelotti. Era il 7 febbraio 1999. Lippi aveva già annunciato che avrebbe mollato a fine stagione. Oggi il corso e ricorso è rovinato da un unico particolare: allora la Juve giocava in casa e non in trasferta come stavolta.
Dunque Ferrara ha qualche chance di scamparla. Scamparla lui, perché i giocatori, comunque vada, non rischiano mai niente. Tutti a testa in giù e portafoglio pieno. Qualcuno si farà un po’ di panchina fuori programma, e magari dovrà sopportare la contestazione. La ragione del calcio dice che ormai è scaduto il tempo per cambiare allenatore, le vacanze invernali non hanno variato di una virgola la situazione bianconera. C’era il tempo per pensare e decidere. Far la rivoluzione dopo Parma, o dopo la sfida col Milan, sarebbe soltanto da dilettanti allo sbaraglio. E Bettega è stato richiamato all’opera per evitare scelte calcisticamente da dilettanti. Anche se l’idea Hiddink lo trova tra i più consenzienti: lo conosce, gli piace, lo convince. Ma non lo ammetterà nemmeno sotto tortura.
Bene, Ferrara in questa sosta ha cercato di seguire il manuale del bravo allenatore: poche idee per non confondersi, un po’ di buon senso, volemose bene e dimentichiamo il passato. Ha cercato di chiarirsi con Felipe Melo, anche se toccherebbe al brasiliano chiarire i motivi della sua mediocrità. C’è da salvare i gioielli della campagna acquisti ed allora Del Piero, per la ragion di Stato, se ne starà in panchina. «Voler mettere i giocatori contro l’allenatore e viceversa è pericoloso», ha accennato il tecnico. Già, ma chi lascia scivolare racconti, bisbigli, sussurri e grida? I giornalisti raccolgono, non inventano. Sintesi: «Vabbè, d’accordo, intorno a me non vedo un brutto clima. Cioè, non è bellissimo, ma...». Dipende dal Parma che non è proprio l’avversario più tranquillizzante, nonostante non abbia difesa di ferro.
Meglio darsi al pallone per non finire nel pallone ed, allora, Ferrara ha votato per un ritorno all’antico, che nel gergo calcistico significa 4-4-2, ovvero il modulo più sicuro e rassicurante per salvaguardare l’assetto difensivo. Gli assenti sono sempre troppi (Cannavaro per squalifica, Sissoko impegnato in coppa d’Africa, Camoranesi, Iaquinta e Buffon infortunati), ma il Parma non sta meglio. Diego è sempre troppo poco.
Oggi giocherà al fianco di Trezeguet, nel ruolo forse più logico per le sue attitudini. Non è una scoperta da premio Nobel del pallone, solo un uscire da equivoci e compromessi. La Juve è ancora in tempo? Solo per salvare la faccia, non il campionato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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