Finmeccanica, la Finanza perquisisce gli uffici dell'amico di D’Alema

Perquisita la società di Vincenzo Morichini, proprietario con l’ex premier dell’Ikarus Fiamme gialle al lavoro anche nella sede dell’Ente nazionale per l’aviazione civile

Finmeccanica, la Finanza 
perquisisce gli uffici  
dell'amico di D’Alema

Roma Questa volta l’accusa non è solo quella di false fatturazioni. Nel nuovo filone d’inchiesta della Procura di Roma che ieri ha mandato la Finanza a perquisire la sede romana della società Soluzioni di Business srl di Vincenzo Morichini, amico e comproprietario della barca a vela di Massimo D’Alema, compaiono nuovi e più gravi reati. Il pm Paolo Ielo, che da tempo sta indagando sugli appalti vinti da alcune società in affari con la Sdb, ha ipotizzato la corruzione e la turbativa d’asta e ha iscritto i nomi di cinque persone nel registro degli indagati.

Gli uomini del nucleo speciale di polizia valutaria delle Fiamme Gialle hanno perquisito anche la sede dell’Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile) e le abitazioni degli indagati. Gli inquirenti starebbero cercando di ricostruire la rete di affari e favori che ruoterebbero attorno ad una serie di soggetti con interessi nella costruzione e nella manutenzione degli aeroporti e nell’assegnazione delle tratte aeree. Persone già finite in altri filoni d’indagine o i cui nomi sono saltati fuori nel corso degli interrogatori svolti finora.
Nel mirino degli inquirenti, in particolare, un appalto Enac del valore di poco più di un milione. Il nuovo filone di indagine deriva da quello su presunte irregolarità negli appalti assegnati dall’Enav a Selex Sistemi Integrati, del gruppo Finmeccanica, tramite l’affidamento diretto, senza ricorrere ad una gara pubblica (anche se sia l’Enav che Finmeccanica sarebbero estranee a questi nuovi accertamenti).

Ma è sull’attività di lobby svolta da Morichini che si è soffermata l’attenzione degli investigatori, soprattutto dopo che il manager Pio Piccini ha svelato ai pm romani il sistema con cui l’imprenditore amico di D’Alema lo introduceva negli ambienti giusti: nel caso in cui la sua impresa fosse stata effettivamente favorita Piccini avrebbe versato soldi al Partito democratico e alla Fondazione Italianieuropei che fa capo all’attuale responsabile del Copasir. Il Pd, dunque, sarebbe stato destinatario di una percentuale sugli affari andati in porto grazie all’intermediazione di Morichini, che si sarebbe mosso spendendo il nome di D’Alema. La sua attività di lobby la svolgeva anche per altri manager, per tutti quelli che stipulavano con lui generici contratti di consulenza. Documenti ora sul tavolo del pm Ielo, che in principio aveva indagato Morichini solo per false fatturazioni, ritenendo che le fatture sequestrate fossero state emesse per operazioni inesistenti e che quindi dietro ad esse si potessero nascondere operazioni illecite.

Ora l’inchiesta ha fatto un balzo in avanti, ora l’ipotesi della corruzione è diventata più di un sospetto. Era stato sempre Piccini, nel suo interrogatorio del 15 settembre 2010, a raccontare che Morichini gli aveva detto di avere ottimi rapporti con Finmeccanica. Ed infatti, almeno stando a quanto ha raccontato l’imprenditore ai magistrati, grazie al braccio destro di D’Alema incontrò personalmente l’amministratore delegato di Finmeccanica Pierfrancesco Guarguaglini e stipulò un accordo con la società del gruppo Selex, in quel caso finalizzato alla fornitura di un appalto sulle intercettazioni.

In un altro filone d’indagine, nel novembre del 2010, gli inquirenti avevano disposto la perquisizione delle sedi Enav, Selex Sistemi Integrati e di altre società e iscritto nel registro degli indagati i vertici dell’Ente nazionale assistenza al volo per alcune irregolarità nella gestione di alcuni appalti e per sovraffatturazioni dei lavori che sarebbero servite ad accantonare provviste destinate al pagamento di tangenti.

E questa indagine, a sua volta, si intreccia saldamente con quella avviata su Finmeccanica, ovvero su una presunta attività di riciclaggio che ruota attorno all’acquisizione della società Digint da parte dell’imprenditore Gennaro Mokbel, in carcere per l’inchiesta Fastweb.

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