Finpart al capolinea del fallimento

Popolare di Intra: al cda di oggi possibili accantonamenti per altri 40 milioni

Marcello Zacché

da Milano

Fine corsa per Finpart. Il Tribunale di Milano ha dichiarato ieri il fallimento della società guidata e controllata da Gianni Mazzola. La sezione fallimentare, presieduta da Bartolomeo Quatraro, ha accolto l’istanza presentata dal pm Eugenio Fusco, che indaga da un anno sull’insolvenza del gruppo. Per il quale ora si aprono scenari ancora peggiori: Fusco, che ha già ipotizzato a carico degli amministratori l’esistenza di vari reati tra cui l’aggiotaggio, potrebbe procedere per bancarotta fraudolenta.
Dal lato bancario il fallimento complica la situazione della Banca Popolare di Intra, l’istituto maggiormente esposto con Finpart, che proprio oggi ha in calendario un consiglio d’amministrazione. Il punto è che, dopo i 140 milioni già accantonati, il fallimento produrrà un ulteriore impatto negativo, atteso intorno ai 40 milioni, per azzerare del tutto l’esposizione.
Il vicepresidente della banca, Ernesto Paolillo, appena arrivato sul lago Maggiore per risanare la situazione, non teme però ripercussioni operative: «A parte l’aggravio sui conti, che va quantificato con esattezza, la banca non avrà problemi né di gestione, né di solidità». Paolillo intende perseguire la linea più severa, accantonando tutta la posizione nel bilancio di quest’anno. Per ripartire dal 2006 avendo il nodo Finpart alle spalle. «Ovviamente nel rispetto - aggiunge Paolillo - dei parametri del patrimonio di vigilanza». L’unico rischio, in altri termini, potrebbe essere quello di ricorrere a un aumento di capitale.
Negli uffici milanesi della Finpart la notizia del fallimento è arrivata inaspettata. Benché fosse stato lo stesso Fusco, nel corso dell’ultima udienza, a dire che «il tempo è scaduto, a un anno di distanza da quando è cominciata la procedura non si può attendere oltre», Mazzola e i suoi pensavano di avere ancora un po’ di tempo. Almeno fino al 9 novembre, quando era già stata «prenotata» la sentenza del Tar del Lazio sul ricorso preparato da Mazzola, contro la decisione della Consob di bloccare il piano di rientro dei due prestiti obbligazionari da rimborsare: i 200 milioni della Cerruti Finance (controllata lussemburghese) e i residui 28,7 milioni di un bond Finpart.
Il piano prevedeva di cambiare il bond rinunciando al 35% del capitale e ricevendo il 30% nel 2011 e il 35% attraverso la conversione del residuo 35% in nuove azioni Finpart con un warrant abbinato. Secondo la Consob l’operazione, benché presentata formalmente come un’offerta pubblica di scambio, si presenta invece come una sollecitazione all’investimento, che non può essere autorizzata se la società di revisione si è detta impossibilitata a esprimere un giudizio sul bilancio. La Consob sarebbe entrata anche nel merito del piano, scrivendo al tribunale una nota informativa. Mentre la Finpart ha pronto un parere pro-veritate scritto ad hoc da Renzo Costi.
Mazzola lamenta che sia stata la stessa Commissione, in un primo momento, a suggerire la strada dell’Ops. Salvo poi bloccarla alla scadenza dei termini. Di certo, dice Mazzola «la decisione Consob è stata determinante per il Tribunale».

Per il numero uno del gruppo, che da un anno lavora al piano, «i giudici ci hanno preso in contropiede. Non capisco perché non abbiano aspettato il Tar. Mi sembrava un atto dovuto. In questo modo si arriva al fallimento senza che sia mai stato sentito il parere degli unici veri interessati, cioè gli obbligazionisti».

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