Il finto cinico maestro di stile che esordì in tv con una gaffe

Corrado. Bastava il nome, come per Totò. Un onore toccato a pochi, pochissimi personaggi dello spettacolo. Guarda caso, fu proprio Totò, cui certo non mancava la faccia tosta, a chiamarlo «lo scognomato», ovvero senza cognome. Perché lui è sempre stato Corrado, Corrado e nient’altro. Se doveva firmarsi per intero, come quando da presentatore, allora l’orribile neologismo conduttore non era ancora stato inventato, si trasformava in autore di programmi o canzoni, ecco saltar fuori la sigla Corima. Ne ha creati una quantità smisurata, degli uni e delle altre, Corrado Mantoni, in pista ininterrottamente per cinquantacinque anni, dal 1944 al 1999, quando fu fermato per sempre da un tumore ai polmoni. Un record che sembrava imbattibile, se non esistesse quel diavolo di Mike Bongiorno, di Corrado coetaneo e collega, prima che rivale.
Saranno dieci anni domani che Corrado non c’è più, eppure è rimasto, con buona pace degli altri big della televisione, il più amato dagli italiani. Sarà stata la sua faccia normale, con tendenza al bello, stando al gradimento, altissimo, del pubblico femminile, la voce pastosa, con un’inflessione romanesca spiccata ma non invadente, un’eleganza naturale che non sconfinava nello snobismo. E soprattutto la simpatia a prima vista e quell’ironia bonaria, che gli consentiva di prendere per i fondelli chiunque, senza suscitarne mai il risentimento. A frullare le sue doti ne sprizzava una: il garbo. Mai una parola fuori posto, tanto meno una parolaccia, è vero che erano altri tempi, e che nella pudibonda tv di Corrado era vietato dire «cazzotto» oppure «bonifica», ma la classe non ha bisogno di tagli forzati al dizionario.
La lunghissima carriera di Corrado, nato a Roma nel 1924 da genitori marchigiani, era cominciata alla radio nel 1944. Fu lui, raccontano le cronache, speaker dalla pronuncia impeccabile, a dare agli italiani due annunci storici: la fine della Seconda guerra mondiale e la nascita della Repubblica. Aveva solo vent’anni Corrado, eppure, a risentirla oggi, la sua voce sembrava quella di un uomo maturo. Una voce che risuonò a lungo nei cinegiornali dell’epoca, incolpevoli progenitori dei tg odierni. Ovvio che la radio se ne impadronisse presto, mica facile trovare uno che oltre alla perfetta dizione non inciampasse nella sintassi, merito anche di studi classici e della frequentazione universitaria. Radio Naja, Sorella Radio, Oplà, Rosso e Nero e La trottola i suoi titoli più celebri.
Un successo continuo che non fu interrotto neppure dall’avvento della televisione. Anzi. Ma un tipo così non poteva non sfondare anche in video. A dire la verità l’esordio con Controcanale nel 1960 rischiò di essere anche il suo congedo: gli scappò, o meglio gli uscì, una battuta che fece saltare sulla poltrona svariati parrucconi: «L’Italia è una Repubblica fondata sulle cambiali». A differenza però di Tognazzi e Vianello, che, per uno sberleffo al presidente Gronchi, l’anno prima erano stati cacciati da Un, due, tre, Corrado rimase saldo in sella, per non essere più disarcionato.
Il vero boom fu L’amico del giaguaro, in onda per tre anni, dal ’61 al ’63, un varietà musicale partito senza pretese, che rivelò, accanto al presentator cortese, un trio di straordinaria simpatia, Gino Bramieri, Raffaele Pisu e Marisa Del Frate, con un ex divo dei telefoni bianchi, Roberto Villa, nel ruolo, ai tempi inedito, del notaio. A far l’elenco di tutte le trasmissioni di Corrado, dal Festival di Sanremo a Canzonissima, da Fantastico a Il pranzo è servito, partendo dalla Rai e chiudendo con Canale 5, si sconfinerebbe nella pagina delle lettere, bisogna quindi pescare tra le più popolari. Primissima dell’interminabile lista, La Corrida, che forse i più giovani lo ignorano, nacque alla radio nel 1968 e soltanto diciotto anni dopo trovò la consacrazione in tv. Ecco, a proposito dei concorrenti allo sbaraglio, come riportava il beffardo sottotitolo, Corrado riusciva a solleticare le ambizioni di aspiranti cantanti e imitatori, senza tuttavia mortificare i tonfi dei predestinati al supplizio (fischi e campanacci).


Chi l’ha poi visto in tv nell’identico ruolo, ricorda bene quel volto impassibile, in perenne contrasto con gli occhi che ridevano per conto loro. Si è divertito Corrado, finto cinico dal cuore di burro, ma più ancora ha fatto divertire tutti noi.

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