Il folletto Pat Metheny ritorna con il trio

da Milano

Pat Metheny non lo ricorda ma io sì. L'illustre chitarrista ha tenuto il primo concerto ufficiale con il Pat Metheny Group all'Axis in Soho di New York, un club che non c'è più, il 2 luglio 1977. Con lui suonavano Lyle Mays tastiere, Steve Rodby basso e Dave Gottlieb batteria, la formazione che di lì a poco sarebbe diventata celebre in tutto il mondo. A parte suonavano per conto loro Sun Ra e Paul Bley, entrambi al pianoforte solo. Bley aveva appena fondato una casa discografica, e aveva fiutato il valore dell'astro nascente, cioè Metheny, 23 anni. Voleva farlo registrare per la sua etichetta. Niente da fare, c'era già la Ecm. Ho avuto la fortuna di essere fra il pubblico, quella sera, e si percepiva l'atmosfera delle grandi occasioni.
Adesso la star Metheny ha pubblicato il suo ultimo cd in trio, bellissimo. Si chiama Day Trip: al contrabbasso c'è Christian McBride, alla batteria Antonio Sanchez; i dieci temi sono tutti firmati da Metheny. Oggi il chitarrista ha 54 anni. Il successo lo ha ottenuto soprattutto fra i giovani, talvolta strizzando l'occhio al pop, e quindi deve essere fedele al suo personaggio. Deve essere sempre giovane: stesso taglio di capelli sebbene rifatti e abbronzatura permanente; ma uguali sono rimasti la cortesia e gli occhi chiari confermati dal bel sorriso. Dice che il trio è sempre stato fondamentale per lui: il primo della serie fu con Jaco Pastorius e Bob Moses. Con McBride e Sanchez suona da cinque anni, ma soltanto due anni fa i tre sono riusciti a chiudersi in uno studio di registrazione a New York, in un giorno libero durante un tour di 40 concerti.
Racconta Metheny: «Il momento era maturo. Ci siamo sorpresi della bellezza dei nostri suoni, migliori rispetto ai concerti, e io ho capito che quei brani (soprattutto due: Let's Move e When We Were Free) potevano andar bene soltanto per loro. Sono cangianti, aperti, e i miei compagni provengono da esperienze stilistiche molto ampie. Ne abbiamo incisi altri sei e un momento o l'altro li utilizzeremo. Abbiamo anche fatto una registrazione in quartetto con il vibrafonista Gary Burton e la prossima estate saremo in Italia all'Umbria Jazz, a Milano e in qualche altra città ancora da decidere».


In conclusione, Metheny ammette che negli Usa finalmente hanno capito il valore del jazz italiano di oggi «Era ora - dice il chitarrista -. Il primo a imporsi è stato Enrico Rava, con il quale ho suonato spesso. Ma adesso anche altri sono giustamente apprezzati».

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