Gian Marco Chiocci - Luca Fazzo
Milano - Corso di Porta Romana, un bel palazzo signorile. Il nome «Perini» è sul citofono. Schiacciando il pulsante, si entra in comunicazione con una gentile voce di donna che dice «mio marito è già uscito» e «non abbiamo niente da dire ai giornalisti». Chissà cosa sarebbe successo se invece dei giornalisti del Giornale fossero venuti i pubblici ministeri dell’affaire Telecom o i loro carabinieri, a suonare questo citofono. Perché qui, a poche centinaia di metri dal palazzo di giustizia, approda la lunga pista che - rimbalzando tra paradisi caraibici, società off-shore conti cifrati collega il dossier sull’«Oak Fund», il fondo della Quercia, ai presunti affari dei Democratici di sinistra.
Il nome del signor Perini per esteso, Roberto Perini, nato a Rovereto nel 1952- compare nel dossier che l’investigatore privato Emanuele Cipriani ha realizzato su incarico di Giuliano Tavaroli, allora capo della Security di Telecom, per appurare chi ci fosse dietro il misterioso Oak Fund, il fondo cifrato delle Isole Cayman su cui approdarono una parte dei soldi pagati dalla Pirelli di Marco Tronchetti Provera per comprare il colosso telefonico. Nel dossier, sul quale dopo cinque anni è stato alzato la settimana scorsa il velo del segreto, compaiono carte raccolte da Cipriani che indicano in Massimo D’Alema e nei Ds i referenti del fondo. Vero o falso? Impossibile saperlo, perché la Procura milanese - la stessa Procura che utilizza come spunti investigativi anche le lettera anonime- su quelle carte non ha mai indagato.
Di certo c’è che il lavoro della Polis d’Istinto, l’agenzia investigativa di Cipriani, appare ampio e dettagliato. Viene ricostruita passo per passo la catena di controllo del fondo. Vengono riportati gli atti interni che raccomandano di non indicare Massimo D’Alema (« It would be better to avoid showing mr. Massimo D’Alema as rapresent Il Partito del D.S. as this could cause all sort of complication ») tra i referenti del conto. Ed è in quello stesso appunto che compare per la prima volta il nome di Perini: « As you know, we presently show mr. Roberto Perini ». Da quel momento, la Polis d’Istinto ha iniziato a scavare sulla figura di questo trentino di mezza età. Il risultato finale è una definizione: «Perini è come Greganti». Ovvero il leggendario «compagno G» che negli anni Novanta gestì per conto del Pci i rapporti con l’Enimont di Gardini,e non solo quelli. Nel «summary» numero 7 inviato nel 2002 da Cipriani a Giuliano Tavaroli, c’è un intero appunto su Perini, steso con un linguaggio vagamente da questurini. Si parla di «condotta limpida», di «persona che nel suo ambiente gode di una grande stima» che «sin da giovane ha abbracciato l’ideologia di sinistra e le tematiche ambientaliste».
Ecco l’integrale: «Sin da giovane ha sempre seguito con molta attenzione la nostra vita sociale e politica abbracciando un’ideologia democratica di sinistra (...) In questo caso la sua coerenza lo ha portato a ottenere la fiducia da parte di quei personaggi che nel tempo lo hanno seguito e fatto maturare politicamente, conquistandosi la più ampia fiducia in seno al nostro diesse. La sua vivacità sociale viene evinta anche dal fatto che ha seguito (sino a sei/sette anni fa) con estrema attenzione anche il problema ambientale, (in particolare le discariche). Il suddetto è stato definito: 1) «un uomo di assoluta fiducia». 2) «Persona delegata a rappresentarli ». 3) «Uomo che collabora in affari/circostanza/ eventi dove i vertici di partito, o parte di esso, non possono apparire o risultare ufficialmente. Possiamo dunque affermare, secondo corrente pensiero, che là dove un partito democratico grande e istituzionalizzato, da sempre capace di portare nel nostro paese vivacità democratica, vivacità finanziaria e sociale, delegherebbe o delega in particolare modo per la parte finanziaria, il signor Perini come di fatto lo è. Nella concretezza, nell’esempio di P.R. (Perini Roberto, ndr ) viene definito come il G. (Primo Greganti) del nuovo millennio».
Potrebbero essere chiacchiere in libertà, se non andassero a collimare con le altre, vistose tracce che chiamano in causa i Ds nella vicenda, come i 10 milioni e 785 mila dollari che approdano su un conto della Banca Antonveneta, e che un appunto contenuto nel dossier collega al «noto partito ».
Certo, tutto sarebbe stato più chiaro se i pm fossero andati da Perini a chiedergli: è vero che lei è il referente dell’Oak Fund, è vero che si appoggia allo studio del notaio Lucio Velo, è vero che conosce il signor James Manders che alla banca Bear Sterns di Londra gestisce il conto 1020733828 intestato a Oak Fund? E quali sono i suoi rapporti con i Ds? Tutte domande che la Procura milanese non ha mai fatto.(2 - continua)
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