Fragomeni mondiale: così il Gabibbo è diventato Rocky

MilanoUn campione come Rocky. Che si dica Rocky Marciano, una macchina da pugni che andava sempre avanti, o Rocky Graziano, uno che ha combattuto nella vita e sul ring. Giacobbe Fragomeni interpreta entrambi i personaggi, pur avendo minor bravura pugilistica. Ma ieri sera è entrato nel gotha di quelli che ce l’hanno fatta: nella vita e nella boxe. Campione del mondo dei pesi massimi leggeri Wbc, il bello di una vita coronata a 39 anni nella sua città. Campione del mondo milanese a Milano, come nessuno. Un’altra ragione per entrare nella storia. Ha vinto all’ottavo round grazie a una ferita. Soluzione che viene definita: decisione tecnica per testata involontaria. Ma Fragomeni ha dimostrato le sue qualità, pugni, cuore e determinazione in sette riprese.
Fragomeni è partito lento e macchinoso. Ruddolph Kraj, stangone e imponente, ha trovato subito la misura dei colpi, agevolato dalle sue braccia lunghe. Due round a guardare dall’alto in basso, poi l’italiano ha cominciato a carburare, a far volare destri e sinistri che, nel quarto round, sono diventati una sorta di punizione per il ceko, pronto ad assorbire tutto. Colpi possenti più che potenti. In quella ripresa Fragomeni ha rimesso il match in parità (anche per i giudici). Poi la sua boxe da Rocky coraggioso e instancabile ha preso il sopravvento. Kraj ha replicato colpi e tenuto le bordate dell’italiano, al quale manca sempre il pugno da ko. Le cose si sono complicate nel 7º round, quando una testata del ceco ha fatto sanguinare l’occhio destro dell’italiano. In quel momento Kraj ha segnato la sua sorte, è stato richiamato e, nel round successivo, il medico ha decretato la conclusione del match. Una volta sarebbe stata sconfitta per ferita per Fragomeni. Ora si contano i punti e sui cartellini degli arbitri ce n’erano tre (77-74) per il Gabibbo finalmente diventato campione. Probabilmente Fragomeni avrebbe vinto anche senza l’interruzione, ormai il ceko si era spremuto e un paio di volte è andato sull’orlo del ko.
Mondo donne: Simona Galassi, da Forlì, laurea in scienze motorie e titolo di campionessa del mondo dei pesi mosca, è sempre la più bella del reame. Non male l’aspetto fisico, altrettanto il suo modo di far boxe, classico e preciso. Stefania Bianchini è stata una tigrotta dalle unghie spuntate. Ed ancora, come in marzo a Forlì, ha dovuto subire la legge dell’arte dell’avversaria. Dieci round in cui si sono visti pure buoni colpi. La Galassi si è portata subito avanti. E i cartellini finali hanno detto la verità: due giudici 100-90 e uno 99-91, dominio incontrastato.
Palalido quasi al completo (3000 spettatori, pubblico da vecchi tempi) e niente sconti per Bobo Vieri. A bordo ring gli è arrivata una bordata di fischi, si trattasse di milanisti o interisti. E lui, che sedeva vicino a Giorgio Armani, dopo un po’ se n’è andato. Invece le vecchie glorie del tifo pugilistico, Mattioli, Damiani, Oliva, Marvin Hagler, Parisi si sono guadagnati rispetto e applausi. Così come Roberto Cammarelle, che davanti a un grande pubblico, ha travestito da match un’esibizione con il croato Tomasovic. Il pubblico voleva veder qualche colpo pesante. Niente, solo scherma. Fischi, poi applausi.

Invece boxe vera, da manuale, tra scrosciare di applausi, è stata regalata da due minimosca messicani: Adrian «El confesor» Hernandez e Ivan «Pollito» Meneses. Dieci round intensi e piacevoli. Ha vinto il confessore, pur senza infliggere la penitenza all’altro.

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