Se ne è andato anche il “cervello” di Fini. Ieri l’annuncio: Alessandro Campi non parteciperà all’imminente congresso fondativo di Fli. Gianfranco è rimasto solo con i suoi amici del Fatto. Continua l’emorragia tra i finiani, questa volta ad andarsene è un pezzo da novanta dell’intellighentia fillina: l’ala pensante del partito, il consigliori che ha indorato di cultura le svolte del presidente della Camera. Ma non è il primo a lasciare la neonata formazione. Fli è nato da pochi mesi ma la sua biografia è già il racconto di un lungo addio. Prima della “testa” lo avevano già lasciato le “gambe”, i deputati: Catone, Moffa, Siliquini e Polidori. Poi il valzer di Luca Barbareschi, la gita ad Arcore, le dichiarazioni, le smentite e il lancio in tv del film che molti interpretano come autobiografico: Il trasformista.
Ora anche i docenti universitari hanno bocciato il nuovo corso senza possibilità di appello: Alessandro Campi (università di Perugia) è alla porta e Sofia Ventura (università di Bologna) non crede più nel progetto politico. La nascita del Terzo polo e la virata verso un antiberlusconismo con il coltello tra i denti non è stata gradita: “Dopo aver impostato un lavoro in profondità per un’alternativa politico-culturale al berlusconismo ma dall’interno dello stesso campo, si è virato verso un Terzo polo nel quale si rischia una posizione da comprimari”, ha dichiarato Campi in un’intervista al sito l'inkiesta. Aleggia sul partito l’incubo del gregario, il timore di dover sempre portar acqua al mulino altrui. Con la sensibile differenza che il leader, in questo caso, sarebbe Pierferdinando Casini.
Stessa delusione anche per la Ventura, una fillina della prima ora, quella, per intenderci, che due anni fa sollevò dalle colonne della fanzine di Farefuturo lo scandalo veline. “Fini? Insiste nel restare seduto alla poltrona di presidente della Camera - ha dichiarato l’accademica -, ma invece dovrebbe dimettersi perché il partito che nasce è senza traino”. Rimangono solo gli strali lanciati dall’appendice informativa della fondazione presieduta da Fini, FFwebmagazine. Un pensatoio dove ribolle l’antiberlusconismo, dove il premier diventa un drago “subdolo che cerca di assumere sembianze umane” dedito alla “prostituzione fisica e intellettuale”. Sono parole di Filippo Rossi, direttore della rivista on line, e blogger del Fatto quotidiano. Perché persi gli amici a destra Fli cerca di sfondare a sinistra. E a stretto giro di posta arriva la risposta del think tank finiano che lancia un ultimatum ai "cervelli" eretici: "È tempo di scelte. È tempo, anche, di scelte tattiche che possono non coincidere con gli orizzonti strategici. È il momento della chiarezza: da che parte si sta, da quella del berlusconismo morente o da quella della Nuova Italia che aspetta solo di nascere?". Insomma: o con noi i contro di noi.
Chi rimane allora alla corte di Gianfranco? Gli antiberlusconiani tout court. Perché ora la destra finiana corre verso il suo vero scopo: essere sdoganata a sinistra. Nel 1993 ci pensò il Cavaliere e oggi la patente di circolazione intellettuale per questo viaggio dall’estrema destra alla sinistra lo danno i vari Saviano, Santoro e Travaglio. Una voglia di sinistra populista e giustizialista che traspare ovunque: dal manifesto d’Ottobre con cui è stata inaugurata la rivoluzione finiana, ai compulsivi riferimenti culturali di area progressista.
Persino il Secolo d’Italia, lo storico quotidiano fondato negli anni 50 da Franz Turchi, è diventato una copia carbone del Fatto Quotidiano, un solo argomento e un solo nemico: Silvio Berlusconi. Ora il compagno Fini è pronto per una lunga traversata del deserto…- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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