Le fughe di Lolli, l’uomo che cavalca le rivolte

TripoliNel caos della Libia la storia del «Grande Lolli», principe bolognese della truffa, ha talmente dell’incredibile che assomiglia alla trama di un film. Il titolo potrebbe essere: «Un latitante rincorso dalle rivolte arabe».
Giulio Lolli, ex patron della società Rimini Yacht, vendeva lo stesso panfilo a più acquirenti. Lo scorso anno la magistratura comincia ad indagare e segue le tracce di uno yacht di 5 milioni di euro. La truffa si inceppa quando l’azienda di Lolli finisce in bancarotta lasciando un buco di 50 milioni di euro. Il Grande Lolli, come viene soprannominato da chi gli da la caccia, sparisce nel nulla.
Molti pensano che si goda il malloppo della truffa su qualche spiaggia caraibica. Il pm di Rimini, Davide Ercolani, emette un mandato di cattura internazionale per associazione a delinquere, truffa, appropriazione indebita, falso e riciclaggio. Sul Grande Lolli indaga anche la procura di Bologna con l'ipotesi di verifiche fiscali pilotate. L'inchiesta porta all'arresto di quattro ufficiali delle Fiamme gialle. L'ex generale Angelo Cardile si suicida travolto dai sospetti. Dalla scorsa estate Lolli è uccel di bosco e mentre tutti pensano sia ai Caraibi trova rifugio in Tunisia. Nel Paese nordafricano avrebbe goduto della protezione di Imed Trabelsi, nipote dell’ex presidente Ben Alì. Alla fine dello scorso anno la latitanza dorata comincia a scricchiolare con la rivolta del pane, che poi infiammerà altri Paesi arabi. Ben Alì fugge in Arabia Saudita e la sua cricca crolla. Lolli capisce che è ora di cambiare aria. A bordo di un suo yacht salpa per la Libia attraccando nel porto di Tripoli. Nell’ambiente libico deve godere di qualche protezione se gira tranquillamente nella capitale grazie ad un passaporto falso.
Non solo: alloggia nel lussuoso hotel Rixos, dove è acquartierata in questi giorni di rivolta la stampa internazionale. Amante della vita agiata elargisce mance a tutti e non si fa mancare nulla.
A Tripoli gira in taxi. Per avere la patente dovrebbe andare a fare alcune carte al consolato italiano, da dove si tiene alla larga. I libici, su richiesta italiana, gli mettono gli occhi addosso e cominciano a pedinarlo. Lolli sa che non esiste un trattato di estradizione vero e proprio fra Tripoli e Roma. Dal 2000, però, vige un accordo sul contrasto della criminalità organizzata che prevede la cattura dei ricercati di un certo livello. Il 15 gennaio viene arrestato nella sua stanza d'albergo al Rixos. Dopo un paio di giorni lo trasferiscono nel carcere di Al Jadida a Tajoura, una cittadina a pochi chilometri dalla capitale. Il Grande Lolli viene trattato con i guanti bianchi. La sua cella, nella sezione dei detenuti in attesa di estradizione, è singola e ordina il cibo in un ristorante all'esterno. Le procedure per l'estradizione in Italia si mettono in moto. Nessuno, però, poteva immaginare che il 17 febbraio scoppiasse la rivolta in Libia. Tajoura è una delle roccaforti dei ribelli alle porte di Tripoli. Il giorno dopo l'inizio dell'insurrezione scoppia la rivolta dentro la prigione di Tajoura. Di Lolli, sul primo momento, non si sa più nulla.

La notizia più plausibile è che si trovi ancora nella sua cella, ma nessuno può confermarla perché il ministero della giustizia libico si sfalda. Il Grande Lolli, truffatore rincorso dalle rivolte, forse rimpiange di non essersi consegnato ai magistrati italiani, oppure medita di sfruttare il caos per farla franca.
www.faustobiloslavo.eu

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