Galleria Jannone, una mostra dedicata all'architetto Rossi

L'architetto Aldo Rossi viene ricordato con una mostra di disegni e pitture alla galleria Antonia Jannone

Grazie a Vera e Fausto Rossi, ma anche a Chiara Spangaro della Fondazione Rossi e a Germano Celant in qualità di direttore scientifico. Rigraziamenti doverosi anche all’attenta gallerista Antonia Jannone che da anni si occupa di architettura, per potere ammirare di nuovo in Corso Garibaldi 125, le tavole, i disegni, gli acquarelli e alcuni dipinti che si sono trasformati in architetture di Aldo Rossi e che oggi fungono da immagini ricordo, anticipazioni del pensiero di Rossi prima che divenissero opere.

A partire dagli schizzi già si intravvedono le caratteristiche e i presupposti di un’architettura fatta di realtà virtuale, ombre e volumi sembrano essere stati determinati nello stesso istante. Se a questi aggiungiamo il colore, allora capiamo come questi lavori brillino di luce propria e come la forza dei materiali li abbia poi tradotti fino a fare della sua architettura un mondo a parte, imperturbabile nel tempo. Il disegno di questo straordinario architetto (1931-1997) cifa rivivere la sua architettura in tutta la sua operazione mentale. «I disegni di Aldo Rossi ci mostrano probabilmente che l’esperienza sensoriale non è necessaria e che basta comprendere anche un solo disegnoper poter gioire di ciò che egli definiva architettura», così scrive Rafael Moneo nell’introduzione al delicato catalogo che accompagna la mostra aperta fino al 30 novembre. Per ripensare a un esempio simile si potrebbe citare il nome di John Hejduk, caro amico di Aldo Rossi, per ritrovare un disegno capace «di fare sentire la presenza in manieras analoga alla realtà del costruito». Nella loro pluralità, questi disegni /(Ben incorniciati), rappresentan un corpus documentare che non è altro che la fedele testimonianza di quello che è stato il mondo del progettista milanese.

Da sempre l’architettura di Rossi è stata Giudicata inossidabile perchè le norme che regolano la tipologia delle sue opere hanno precise connotazioni nella storia dell’architettura. Lungo le bianche pareti della Galleria Jannone, rivediamo la Casa a Borgo Ticino, il quartiere residenziale Gallaratese, la fontana monumentale di Segrate, la scuola elementare di Fagnano Olona... elementi lombardi che si fondevano con progetti a Trieste, Venezia, New York. «Le due città» del 1973 è con «Composizione per il cimitero di Modena» del 1975, «Senza titolo» del 1976 e «Studio per l’unità residenziale Monte Amiata» del 1972, nonchè «Studio per l’unità residenziale sul Verbindungskanal» del 1976, l’assunto che conferma la scelta di certi stilemi ripetitivi di Rossi che grazie alla sua bravura e sapienza lo hanno portato ad essere riconosciuto in tutto il mondo. Scomparso prematuramente Rossi è comunque riuscito a vincere il concorso per la ricostruzione del Teatro la Fenice, completare un isolato a Berlino, l’Hotel «Il Palazzo» di Foukuoka e a Maastricht il Bonnefantenmuseum. La sua attività di docente alla Facolta di Architettura di Venezia è nota, così come la vincita del Pritzker Prize nel 19990 e nel 1991 la Thomas Jefferson Medal in Architecture.

Non va dimenticato anche il suo apprendistato: negli anni Cinquanta a Milano presso il Politecnico, poi come assistente negli studi di Ignazio Gardella e Marco Zanuso; ha insegnato con Ludovico Quaroni presso la Scuola di Urbanistica di Arezzo e con Carlo Aimonino allo IUAV. Gli eredi della sua arte sono lo Studio Arassociati di Milano.

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