Gaza, l’Egitto non ferma Hamas

Militanti fondamentalisti abbattono con i bulldozer nuovi tratti di confine. Allarme terrorismo per gli israeliani nel Sinai. Ieri nuovi scontri sul confine di Rafah: sei poliziotti egiziani sono rimasti feriti

Gaza, l’Egitto non ferma Hamas

Era un’insormontabile frontiera, è diventato un confine aperto, sembra pronto a trasformarsi un un’irreversibile realtà. L’unico deciso a negarla con ogni forza è l’Egitto, ma di fronte a quell’esodo che ricorda a tratti un’intifada fuori rotta e a tratti una gioiosa corsa ai saldi, il governo del presidente Hosni Mubarak e il suo esercito appaiono confusi e smarriti. Una delle grandi nazioni medio-orientali si scopre impotente di fronte alla macchinazioni di Hamas e ai bulldozer dei suoi militanti pronti ad aprire nuovi varchi non appena i soldati in tenuta antisommossa tentano di arrestare l’esodo palestinese da Gaza.

In questa strana guerra di confine l’Egitto deve far i conti anche con l’esausta strategia di Israele, con la rassegnazione di uno Stato ebraico pronto a scaricare nelle mani di Mubarak una Striscia ormai aperta e fuori controllo. Le immagini sono eloquenti. Gli egiziani mandano l’esercito a bloccare i varchi, avvisano i palestinesi che il tempo degli acquisti e dei ricongiungimenti con le famiglie in terra d’Egitto è terminato, fissano le sette di ieri sera come termine ultimo per il ritorno a Gaza. Dall’altra parte il portavoce fondamentalista Sami Abu Zuhri spiega che i varchi non si possono chiudere perché servono a «fornire assistenza urgente» al suo popolo.

Intanto militanti mascherati muovono un paio di bulldozer verso le zone dove la barriera è ancora in piedi e aprono nuovi varchi. I palestinesi defluiscono come un fiume in piena sopravanzando e circondando gli esterrefatti soldati egiziani. Quando cannoni ad acqua e bastoni entrano in azione i palestinesi si comportano come con gli israeliani. Prima mettono mano ai sassi, poi lasciano partire qualche raffica di kalashnikov. I proietti azzoppano un soldato, costringono gli ufficiali egiziani a ritirare i propri uomini per evitare una risposta che nelle immagini delle emittenti arabe diventerebbe la strage di “fratelli” palestinesi. Alla fine saranno sei i militari egiziani feriti.

La nuova realtà prende così forma. Egitto e Gaza diventano un’unica permeabile entità, lo Stato ebraico si appresta far i conti con un Sinai trasformato in terreno di battuta per militanti alla caccia di turisti israeliani o retroterra per infiltrazioni armate tra i kibbutz del Negev. Certo Mubarak non si dà per vinto. «Devono riportare le cose alla normalità, devono rispettare i precedenti accordi», strilla rivolgendosi ad Hamas e agli israeliani accusati di non mettere fine al blocco della Striscia.

Israele intanto deve fronteggiare nuove incursioni armate palestinesi alle porte di Gerusalemme.

Giovedì sera un commando delle Brigate Al Aqsa ha attaccato un posto di blocco ai margini dei quartieri arabi orientali uccidendo un poliziotto e ferendo gravemente una sua collega. Contemporaneamente due palestinesi armati hanno fatto irruzione in una scuola religiosa tentando di prendere in ostaggio studenti ed insegnanti, ma sono stati disarmati e uccisi da una delle guardie dell’istituto.

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