Ge, Roma divide Recchi da «Nani»

C’è un nuovo attore, e pesante, del risiko bancario italiano. Mica la Tenuta Sant’Anna srl o la finanziaria Piquadro spa. Si tratta, attenzione attenzione, della General Electric. Un colosso da 152 miliardi di fatturato, che porta a casa utili vicini a 17 miliardi. Con i profitti di un anno si ripaga il valore di Borsa di Capitalia. Il suo presidente italiano, in una intervista a un quotidiano finanziario, ieri è stato esplicito sulla banca romana: «Dal punto di vista delle dimensioni può far fronte a un investimento del genere». Interessi sulla Bpi?: «Non lo escludo. È un dossier da valutare. Non è il solo». Legna al fuoco ce n’è tanta. Da una Popolare, che ha il voto capitario e qualche passato giudiziario, a Capitalia che ha un patto di sindacato che potrebbe ballare. Inusuale svelare un dossier. Ma di questi tempi è tutto possibile.
Qua evidentemente non si scherza. Accidenti, anche la politica è ben conosciuta. «Noi in Italia ci muoviamo da italiani, come dimostra la nostra storia. E Roma è una città di grande interesse. Proprio l’altro ieri Veltroni mi faceva notare che il Pil della capitale crescerà del 4,5% annuo, tre volte tanto la media nazionale». Viene però da chiedersi se Giuseppe Recchi, presidente italiano della General Electric, vada d’accordo con il presidente e amministratore delegato di Ge international. Affettuosamente in azienda viene chiamato «Nani»: il cognome è Beccalli Falco. Solo poche settimane fa, in una pubblicità sul Wall Streeett Journal, ricordava la bellezza e la forza economica della Francia.

Ne sponsorizzava le capacità innovative. E nelle ultime righe sosteneva con un certo orgoglio (da italiano in Francia) che Parigi era «cento volte» meglio di Roma. Viene da chiedersi se i dossier di Recchi valgano più dei giudizi di «Nani».

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