Generosi coi soldi altrui

Non è mai stato difficile per nessuno fare il generoso con i soldi o le cose altrui. Con le proprie è sempre un po' più difficilino.
La vicenda, e il successivo dibattito, dei nomadi a Milano fa ricordare questo antico detto popolare. Forse è arrivato il momento che tutti quelli che parlano comincino a fare anche qualcosa. Ci basterebbe qualcosina.
Riassumendo.
È stato sgomberato un campo nomadi, quello di Via Capo Rizzuto. Un campo irregolare, anche se non frequentato solo da irregolari. Irregolare il sito dov'era. Circa cento persone. In giro per la città, salvo quelle che verranno rimandate ai loro Paesi perché appunto irregolari.
Come ogni volta, anche per molto meno, si infiamma la discussione.
Tutti dicono che si deve fare qualcosa. Pochi dicono cosa. Quasi nessuno, quel qualcosa, lo vuol fare.
Il Consiglio comunale ha votato una mozione nella quale si chiede che siano riaperti degli stanzoni a Via Barzaghi, dove ha sede la Protezione civile che nonostante abbia come responsabile un signore molto in gamba che si chiama Cinquemani, non arriva a tutto. E poi può fare solo per l'emergenza. Non rientra certo tra i suoi compiti gestire il problema dei nomadi.
Don Virginio Colmegna, responsabile della Casa della Carità, per anni battagliero presidente della Caritas ambrosiana, sostiene che la situazione è al collasso e che ciò di cui si tratta sono persone umane e non aria fritta. Lo dice occupandosene personalmente, lo dice ospitandone giornalmente nella sua mensa. Lo dice facendo.
La Provincia di Milano dice di avere sei aree disponibili. Ad una richiesta di maggiore precisione sulla loro collocazione si viene a sapere che tre sono in comuni vicini a Milano e altre tre a Milano. Tornerà chiaro il motto che abbiamo messo all'inizio. Per fortuna le ragioni di Milano sono sostenute dal Prefetto della metropoli, Bruno Ferrante che, giustamente, ha ricordato come Milano abbia già fatto molto e richiamato gli altri comuni circostanti a fare qualcosa in più. Speriamo serva.
Il sindaco di Milano, Gabriele Albertini, con l’assessore Guido Manca, ha ricordato come e quanto Milano abbia già fatto, e ha invitato gli altri a fare qualcosa, non necessariamente altrettanto, ovviamente, anche considerando le dimensioni. «Che la Provincia e i comuni ulivisti facciano qualcosa di sinistra. Noi abbiamo già dato».
Il prefetto e il sindaco di Milano non hanno fatto che ricordare la realtà dei fatti. È noto a tutti, anche a chi non lo vuol sapere, che i nomadi che arrivano nei pressi di Milano preferiscano, nella stragrande maggioranza dei casi, stabilirsi direttamente nella metropoli piuttosto che nei comuni circostanti. È ovvio. Ma questa non è assolutamente una buona ragione per chiedere a Milano che accolga tutti, indiscriminatamente e a qualunque costo.
Anche perché, quando dalla teoria si passa alla pratica, le cose cambiano e di molto. Chi non ricorda, a Milano, di quartieri che si sono talora ribellati alla eccessiva presenza di nomadi, spesso irregolari? Quei cittadini erano tutti di centrosinistra? Neanche per sogno. Qualche volta non lo era neanche chi guidava la «rivolta».
In questo caso per fare la carità occorre anche fare di conto. E qui si potrebbe fare, basta volerlo. Si possono contare i nomadi che ospita Milano. Si possono contare quelli che rimangono a spasso, pur essendo regolari. Si può fare questa conta attorno a un tavolo in Prefettura. Luogo neutro.

Si possono chiamare a raccolta tutti quelli che hanno chiesto di fare qualcosa e offrire loro la possibilità di indicare, in proporzione a quello fatto da Milano, cosa potrebbero fare altri comuni. In proporzione, per carità. Non vorremmo mai che si dovessero registrare casi di ernia da sforzo.
Restiamo, purtroppo, in non fiduciosa attesa.

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