(...) Questa proposta è il riflesso di colui che sa che la decrescita felice fa sì che poi non lavora più nessuno, che non sarà felice, ma riceverà i suoi mille euro. Come si fa a immaginare un Paese così? A parte che non si capisce dove si prendono i soldi. Ma, se ci sono, che vengano dati a noi che li useremo per far lavorare la gente».
Potrei continuare ancora per pagine, ma i concetti mi sembrano molto chiari. E anche molto condivisibili. Io, ad esempio, li condivido tutti. Così come penso che li condividano tutti gli esponenti e la stragrande maggioranza degli elettori del centrodestra, visto che sembrano parole tratte di peso dalle idee di politica economica del Pdl.
E allora dov'è il problema? Il problema sta nella soluzione del gioco che vi ho annunciato all'inizio. E cioè che a firmare tutti i virgolettati qui sopra è il governatore della Liguria Claudio Burlando. Il che, da un lato, mi fa enormemente piacere, visto che si tratta di posizioni socialdemocratiche, riformiste, degne di una sinistra europea e moderna. Burlando è il più capace dei suoi - uomo certamente di sinistra, con alle spalle alcuni sbagli devastanti per questa città come il «no» alla bretella Voltri-Rivarolo, sull'onda di comitati e comitatini, ma anche uomo capace di intuizioni come l'Acquario che è stata la migliore idea degli ultimi anni a Genova - ed è sempre stato sensibile al mondo dell'impresa. A volte, anche eccedendo: a mio parere il patto sull'Ilva è stato un grosso favore alla famiglia Riva, con le aree di Cornigliano date gratis in cambio di un tozzo di pane. Altre volte, invece, è un po' cinico nell'affrontare le questioni. Ma, comunque, un politico di sinistra che sa ascoltare le imprese. Un uomo di realpolitik, capace di confrontarsi con i migliori esponenti del Pd come il tesoriere Giovanni Raggi, uno che sono orgoglioso che faccia parte ad honorem della nostra squadra giornalistica.
L'ultima svolta di Burlando è quella renziana. Lui, bersaniano tiepido nelle primarie, che ha votato e fatto votare il segretario, ma senza peraltro mai attaccare, da volpone qual è, il sindaco di Firenze, si è accorto (tardi, colpevolmente tardi) che il campione era quell'altro. E, complice una visita all'Acquario e la comune amicizia con il patron di Eataly Oscar Farinetti, Claudio si è convertito al renzismo. Da cui, come una spugna, ha già assorbito il meglio. Dando peraltro anche lui alcuni buoni consigli a Matteo, che pure lui è una sorta di Spongebob.
E così, in poco tempo, Burlando ha messo giù un programma di sviluppo condivisibile. Che sabato al Ducale condividerà con un parterre de roi di tutto rispetto. Ci saranno il nuovo amministratore delegato di Finmeccanica Alessandro Pansa, il numero uno delle Ferrovie Mauro Moretti, l'amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono, un cavallo di razza dell'imprenditoria come Vittorio Malacalza, patron del gruppo Hofima, lo stesso Farinetti, il patron di Msc Gianluigi Aponte e il suo braccio crocieristico Pierfrancesco Vago, Paolo Vitelli, costruttore degli yacht Azimut ed altri. Fra cui potrebbero arrivare anche Pietro Ciucci dell'Anas e Giovanni Castellucci di Autostrade. Ordine del giorno: «Discutere dei problemi da sottoporre al prossimo governo». Di cui, fra parentesi, uno così potrebbe candidarsi a fare il ministro dello Sviluppo. Poi, certo, se l'incontro del Ducale non si fosse organizzato il giorno della manifestazione romana del Pdl era meglio, ma questo è il meno.
Piccolo particolare. Il governatore ligure è uno che con le imprese ha sempre dialogato e raramente, quasi mai, si lascia scappare il piede dialettico sull'acceleratore della demagogia.
Perchè se Burlando queste cose non le dice ai suoi alleati, anche le migliori idee somigliano drammaticamente al gioco delle tre tavolette.
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