Il coraggio di dire la verità sugli affari pubblici all'estero

Il coraggio di dire la verità sugli affari pubblici all'estero

(...) a carico del numero uno dell'Eni Paolo Scaroni, per la trattativa che ha portato all'acquisizione dei diritti di sfruttamento di materie prime algerine. Ma, per l'appunto, siamo in Liguria e ci occupiamo di Finmeccanica.
In questi giorni - nel silenzio assoluto della stragrande maggioranza della politica, con il sindacato e la stampa interessati solo a misurare l'arresto di Orsi in chiave di vendita o meno di Ansaldo Energia alla cordata italiana, piuttosto che ai tedeschi o ai giapponesi o ai coreani - su queste pagine si è sviluppato un interessantissimo dibattito proprio per mettere i puntini sulle i e per difendere il nostro sistema industriale.
E, mentre qui si guardava il dito, la luna di Finmeccanica era il rischio concretissimo della perdita della commessa sugli elicotteri indiani, il blocco del pagamento degli stessi, e ovviamente altri Paesi, Francia in primis, pronti a fiondarsi nelle voragini lasciate libere dall'autolesionismo italiano.
Il primo ad avere il coraggio di dire la verità, tutta la verità e nient'altro che la verità su questa storia è stato Silvio Berlusconi, che ha difeso la possibilità di sopravvivenza economica del sistema Paese. Le sue parole - stavolta sacrosante - hanno creato grande indignazione e sopracciglia alzate da parte di moltissimi sepolcri imbiancati, a partire dai vertici nazionali del Pd e di Sel, che sono insorti in coro: «Vergogna! Berlusconi giustifica le tangenti! È uno scandalo! Sono parole di inaudita gravità». Ovviamente, di tangenti non si è nemmeno parlato, ma Berlusconi si è limitato a dire che, se gli italiani si fanno male da soli punendo comportamenti a favore delle proprie aziende che negli altri Paesi sono la normalità, chiaramente si fanno regali proprio a quei Paesi e si danneggia l'Italia. Ragionamento semplice ed elementare, ripreso ieri anche da Angelino Alfano. A livello ligure, invece, silenzio quasi totale. Tutti zitti, impegnati a pensare alla vendita di Ansaldo Energia, a indignarsi per gli acquisti di mutande regionali o a indignarsi per l'indignazione sugli acquisti di mutande regionali.
Pochissime le eccezioni e proprio per questo ci tengo a segnalarle tutte, a partire dalla consigliera regionale dei Riformisti italiani Raffaella Della Bianca, fino ad arrivare al dibattito che si è aperto su queste pagine e che ha registrato interventi di altissimo livello, primo fra tutti quello del tesoriere regionale del Pd ligure Giovanni Battista Raggi. Raggi - da sincero riformista qual è, da tecnico prima che politico che mette le idee davanti agli schieramenti, e da persona perbene di cui sono orgoglioso di essere amico e di annoverare nelle file della nostra famiglia del Giornale - non ha avuto paura si sganciarsi dalle posizioni ufficiali del suo partito e dai suoi colleghi che vedono la vicenda solo col misurino del maggiore o minore potere di Giuseppe Zampini in azienda e delle trattative per la vendita di Ansaldo Energia (di cui non si parlerà nel consiglio di amministrazione di domani), ed ha firmato un intervento bello, serio, coraggioso che abbiamo pubblicato sul Giornale. Un intervento berlusconiano, mi verrebbe da dire, se non temessi di fargli correre il rischio di essere espulso per deviazionismo.
Dopo di lui, sono intervenuti Mauro Lauro, ingegnere che fino a poche settimane fa lavorava proprio in Finmeccanica e ad Ansaldo Energia, e soprattutto Massimo Bianchi, manager genovese che ieri ha firmato un bellissimo intervento-testimonianza in prima pagina. Bianchi, lo dice il nome stesso, vede il rosso e i rossi come il fumo negli occhi. Ma, di fronte all'intervento di Raggi, si è tolto il cappello.
Perchè, su queste cose, si vede la differenza fra un politico vero e un politicante. Sul coraggio delle proprie idee.

E sul difendere ricchezza e lavoro, anzichè rincorrere la demagogia. Soprattutto perchè quei demagoghi spesso sono gli stessi che poi marciano in prima fila quando le aziende che perdono le commesse, anche per la loro insipienza, chiudono.

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