Nel senso di quelli/e che vediamo tutti i giorni, di cui sappiamo o crediamo di sapere tutto. di quelli/e che ce ne sarebbe da raccontare. Di quelli/e che soffrono in silenzio. Di quelli/e simpatici e di quelli/e antipatici (?). Di quelli/e che han fatto molto per Celle. Di quelli/e che vorrebbero fare, ma non ne hanno il permesso. Di noi, in poche parole. Questa nuova rubrichetta, si propone di esplorare, con leggerezza e sorriso, i vari tipi che vivono e fanno vivere la nostra cittadina. A presto.
Don Antonio Giusto, ecco il primo esaminando. Dopo di lui altri ne verranno, ma è appunto «giusto» cominciare con lui questa avventura. So che dovrò stare attento a quel che dirò, attento a non urtare suscettibilità e pettegolezzi. Ci vorrà equilibrio nel dire e non dire e nel far capire, per chi lo vorrà. Mi scuso in anticipo per involontarie gaffe. Anzi, sarei grato assieme alla redazione della gloriosa Civetta, di ricevere precisazioni e messe a punto. Se possibile con tono educato e senza livore...
Dunque, il mio amico Don Giusto: un cognome, un programma. Quanto al nome, Antonio, ricordiamoci del Santo che fa ritrovare le cose perdute, spesso anche la fede tra queste... Mi piace identificare Don Giusto con l'appellativo di «Soldato di Cristo». Non per riandare alle gloriose Crociate (Nota per chi crede di sapere tutto: le Crociate, contrariamente alla vulgata messa in giro dai soliti noti, furono gloriose e Cristiane ed il male con il quale le si ricorda, si ritorce verso gli sprovveduti ed i livorosi a cui piace frequentare menzogna e pregiudizio. Così, tanto per parlar chiaro. Chiusa la parentesi).
Don Giusto, Soldato di Cristo per vari motivi, provo ad illustrarne qualcuno. Sino a dieci anni fa Don Giusto era l'unico, credo in tutta la Diocesi, ad indossare la talare. Lo ricordo camminare con passo svelto sulla passeggiata a mare, «Toh, ecco un vero prete», mi dicevo. Ora indossa il clergy men, meglio comunque dei tanti maglioni e camicie colorate che purtroppo vediamo in giro. Antonio, «Soldato» perché ancora ai suoi anni, oltre gli ottanta e che Dio ce lo conservi, celebra continuamente Messe: ai Piani (tre alla Domenica), poi con passo svelto si reca a Santa Rita. Poi al Rifugio. Poi al Cottolengo. E spesso sostituisce il celebrante a San Michele. Soldato anche per le infinite volte che si è recato a Lourdes, credendoci e portando fedeli. Soldato per come impose, a se stesso ed ai fedeli, di venerare la statua di Maria di Fatima posta sulla balaustra a sinistra. E così per l'immagine di Padre Pio. Soldato che chiese a me e a Brisaglia, per la famiglia del quale preghiamo, di trasportare la statua della Madonna dei Poveri, che attualmente vigila Celle dall'alto della Crocetta. Soldato che trova la forza di urlare che «I fedeli devono fare la Via Crucis, altrimenti che fedeli ho nella mia parrocchia?». Soldato perché sa ascoltare e non giudica ed assolve.
Discutemmo un giorno sulle faccende della politica avvelenata, oggi più di ieri. Anche lui, come tanti, guardava alle blandizie demagogiche della sinistra: Commercio equo e solidale, Solidarietà, Onlus, Dialogo ecc.. Mi dichiaravo d'accordo su temi del genere, ci mancherebbe!, ma «Senza la preghiera costante, caro Don Giusto, c'è il pericolo che questi diventino degli idoli. E noi invece abbiamo Dio, non vogliamo idoli...». E difendevo, come difendo, l'iniziativa privata che nel caso del «bieco Berlusconi» conosciutissimo da parte mia, ha creato migliaia di posti di lavoro e nessun licenziamento e mai cassa integrazione... Verificare per credere.
«Don Giusto, - gli dicevo - è giusto distribuire le ricchezze, ma se non c'è qualcuno che le produce, queste ricchezze, come fai a distribuirle?».
Qualche giorno dopo mi chiese se avevo notizie circa un pacchetto di biglietti da centomila lire, - eravamo negli anni Novanta -, trovato sulla balaustra nella Chiesa dell'Assunta. Gli risposi che non doveva meravigliarsi, poteva essere la risposta del privato al pubblico e può darsi anche che io sapessi da dove provenivano. Non da me. Che ringraziasse il Signore e basta. Mi sorrise, e questo ancora mi conforta. Il sorriso di un uomo buono che tante ne ha viste e che tante ne ha perdonate. Perdonerà anche questi miei ricordi.
Siamo ad oggi. Ogni martedì sera, con il consenso del Don, ci riuniamo nella sua Chiesa per pregare il Rosario. Pregare e non parlare, una cosa da imparare. In poche parole è nato un nuovo Gruppo di Preghiera di Medjugorje. La cosa strana, ma neanche poi tanto, è che da quando ci siamo riuniti a pregare, anche i fatti «materiali» della conduzione della Chiesa stanno migliorando. Diversi di noi, Bruno Favero ed Eugenio Alipede in testa stanno rivedendo vecchie carte, bollette e tutti gli accidenti che ci rovinano la vita. Anche ai Sacerdoti.
Ciao, Soldato di Cristo.
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