(...) E invece vedevano le cime spezzarsi. A bordo della «Jolly Nero», né il comandante né il pilota riuscivano a fare nulla.
Non è stato un attimo. Che la nave non governasse più se ne sono resi conto in tanti. Da subito. «Non c'è più acqua, che fate?», si sente chiedere da un controllore a terra nel corso di una registrazione. «Non ho la macchina», risponde il comandante. Insomma, un'avaria, problemi ai motori. Il perché si cercherà di capirlo. I dubbi sono tanti e saranno molto difficili da risolvere. Ma che il cargo della compagnia Messina finisse con la poppa contro la torre dei piloti era l'unica certezza che hanno avuto gli uomini che hanno provato a mettersi in salvo. Una fuga dalla morte, riuscita solo a quattro dei tredici presenti. Gli altri erano ancora nell'ascensore o lungo le scale quando la nave ha travolto tutto, quando la poppa rialzata ha centrato prima la palazzina, poi il «gambo» della torre piloti. Il resto è stato una lenta agonia, con la stessa torre reclinata di 45 gradi, che piano piano cede e finisce in acqua, trascinando con sé, in fondo al mare, i corpi di chi cercava disperatamente scampo.
Tutto così assurdo. Tanto che le ipotesi si sono alternate fin dalle prime ore dopo l'incidente. Un guasto tecnico per un'avaria ai motori, s'è detto subito. Possibile, magari probabile, ma forse non sufficiente a provocare la catastrofe. Perché anche il timone avrebbe dovuto essere ingovernabile, altrimenti, per logica, chi comandava la «Jolly Nero», avrebbe piuttosto potuto cercare di dirigere la poppa verso la diga «inabitata» evitando la strage. Ed è vero anche il contrario, e cioè con il timone fuori uso, si può cercare di ridurre l'abbrivio dando macchine avanti. C'è stata incomprensione per la posizione di una nave che non si sarebbe dovuta trovare lì, a ridosso di Molo Giano. Vero anche questo, ma il cargo era ingovernabile, ci sta.
E poi c'è da capire se sia sufficiente un'avaria ai motori per provocare tutto questo. Se il sistema di sicurezza di una nave, pur molto vecchia come quella della Messina, non sia in grado di sopperire a un problema tecnico. C'è da capire se la velocità che si dovrebbe tenere in quelle condizioni di manovra (tre nodi, poco più di 5 chilometri l'ora), sia sufficiente a provocare un danno del genere. Tutti interrogativi che si pongono gli inquirenti, che per il momento hanno iscritto sul registro degli indagati sia il comandante della nave, sia il pilota che era a bordo. La responsabilità della manovra è comunque a carico del comandante, a meno che il pilota non abbia dato palesemente indicazioni errate. Loro, come tutti gli altri membri dell'equipaggio, sono stati interrogati a bordo fin dal momento dell'incidente. Ed è plausibile che presto i magistrati puntino la loro attenzione anche su altri aspetti. Si cercherà ad esempio di capire come sia sempre stata fatta la manutenzione della nave. E alla fine di ogni indagine, si dovrà anche verificare se un incidente comunque sempre possibile possa provocare una strage come quella di venerdì notte. La stessa costruzione della torre piloti, in posizione assai diversa da quella precedente, presenta molti spunti di valutazione.
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